lunedì 14 gennaio 2013

Prevedere l'imprevedibile/2

L’ultima volta parlavamo di Zygmunt Bauman e del suo recentissimo Cose che abbiamo in comune. 44 lettere dal mondo liquido (ed. Laterza, 2012). Libro che, cosa per me insolita, ho cominciato a leggere dalla metà, attratto dal titolo di una delle “44 lettere” del volume: “Prevedere l’imprevedibile”, breve articolo sull’eterno desiderio dell’uomo di conoscere il futuro e sulla moderna illusione di poterlo controllare tramite la tecnologia.
Non molto tempo fa, all’apice dell’ormai defunto rilancio nucleare italiano, avevo intitolato allo stesso modo un’intervista a Vincenzo Pepe, Presidente dell’associazione ambientalista di destra dal nome FareAmbiente; ne riprendemmo qualche contenuto anche qui: cfr. l’articolo “La piaga del nucleare/6”, «Il Caffè», 9 luglio 2010). Il Presidente, parlando delle centrali nucleari di ultima generazione, le dichiarava “talmente sicure da prevedere perfino l’imprevedibile”. Una manciata di mesi dopo, accadeva Fukushima; in quell’occasione, mi sembrò un gesto carino non richiedergli un’altra intervista.
La cosa mi è tornata in mente, rileggendo Bauman, a proposito di una notizia delle ultime settimane: il sindaco di Cellole ha dichiarato, a proposito del terzo “tavolo della trasparenza” nucleare tenutosi di recente, che
la Sogin ha garantito che al 99% il sito nazionale nucleare non sarà quello del Garigliano in quanto troppo vicino al fiume.
Avrei potuto prenderla come una bella notizia e invece mi sento terrorizzato. Perché? Mi spiego subito: alla fine dell’anno, lo stesso sindaco ha comunicato di star pensando a costituirsi parte civile al fianco della “popolazione cellolese lesa”. Questa la motivazione:
la Sogin ci ha assicurato che i lavori stanno proseguendo in piena tranquillità e che bisogna stare sereni, ma noi non ci sentiamo comunque sereni [vista anche la recente indagine intrapresa dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere: cfr. “Caserta, India”, «Il Caffè», 14 dicembre 2012]. Proprio per questo motivo abbiamo deciso di delegare l’assessore e i sindaci a recarsi in Procura per leggere i documenti. Continuiamo a navigare nelle perplessità e nei dubbi. Non abbiamo carte alla mano che attestino che tutto sta andando per il verso giusto, dovremmo attenerci solo a quello che dicono verbalmente i responsabili della Sogin.
E la chiamano trasparenza. Volete sapere come andrà a finire? Non ve lo dico nemmeno. È fin troppo prevedibile.

(«Il Caffè», 11 gennaio 2013)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano