venerdì 17 aprile 2009

L'inattuale

“Inattuale” non è “antimoderno”. Non è anti-niente, ma non è nemmeno accettazione dogmatica dell’“attuale” solo perché tale. Inattuale non è incapacità di stare al passo con i tempi. È al contrario capacità di non omologarsi ai tempi, ma di saperli vivere guardandoli da una distanza critica.
Bisogna essere inattuali. Che non vuol dire “imparziali” (l’imparzialità non esiste: non è imparziale il padre che educa il figlio, né il medico che sceglie una terapia): l’inattuale è sempre schierato per la giustizia e la pace in epoche dominate dalle disuguaglianze e dall’odio. A ben vedere egli non è di questo mondo più di quanto lo sarebbe stato dei precedenti.
Inattuale è saper cogliere la schizofrenia tra il dire e il fare; ci si dice cristiani, e si pratica la discriminazione. Quegli stessi partiti che si stracciano le vesti di fronte a un’eutanasia ritenuta immorale e irreligiosa, promulgano leggi per indurre i medici a denunciare gli immigrati clandestini; come si dice: vedi l’Italia e poi muori.


L’inattuale è sempre schierato per la giustizia e la pace in epoche dominate dalle disuguaglianze e dall’odio. Egli non è di questo mondo più di quanto lo sarebbe stato dei precedenti

Vuol dire, ogni tanto, scendere dal treno ad alta velocità per tornare a camminare “a passo d’uomo”. Vuol dire rispondere, a chi è sempre pronto a ripetere che “il tempo è denaro”, con un sonoro “echissenefrega”. Ma non è un fregarsene delle cose, anzi: di fronte a una modernità che rigetta tutto ciò cui non è capace di attribuire un prezzo, l’inattuale è accoglienza di tutto, di tutto ciò che è, solo perché è, perché è bello e dà gioia, magari più del consumare.
Inattuale è domandarsi il perché di certe cose, invece di darle per scontate: è veramente necessario “crescere” sempre di più per star bene, economicamente e socialmente? Anzi: è veramente possibile farlo, dato che le risorse a nostra disposizione non sono illimitate?
Inattuale è essere in grado di vedere il rovescio della medaglia: rilevare che parole positive come “flessibilità” celano realtà negative come il precariato. O, peggio ancora, che alcune espressioni – come ad esempio “libertà duratura” (enduring freedom) – servono a nascondere la realtà della “guerra infinita” (cfr. l’intervento di Giulietto Chiesa in Aa. Vv., Il ritorno della guerra, ed. l’Altrapagina).
Ognuno di noi è inattuale quando realizza che il mondo non è sempre stato così com’è, ma è venuto formandosi in una maniera storicamente definita; che esso poteva essere diverso e, soprattutto, che potrà essere diverso (e quindi è possibile rimetterlo in discussione). Inattuale è chi si domanda come vorrebbe che il mondo fosse, e cosa può fare concretamente per renderlo proprio così come lo desidera. L’inattuale non è un disadattato. Inattuale è chi non si rassegna.

(«Il Caffè», 27 marzo 2009)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano