Pietro Barcellona, già membro del Consiglio superiore della magistratura e deputato alla Camera, è professore emerito di Filosofia del diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Catania. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: Elogio del discorso inutile (Dedalo, 2010); Incontro con Gesù (Marietti, 2010); Viaggio nel Bel Paese. Tra nostalgia e speranza (Città aperta, 2010); (con F. Ventorino), L’ineludibile questione di Dio (Marietti, 2010); L’oracolo di Delfi e l’isola delle capre (Marietti, 2009); Il furto dell’anima. La narrazione post-umana (Dedalo, 2008). Il suo ultimo volume è Passaggio d’epoca. L’Italia al tempo della crisi (ed. Marietti, 2011), nel quale il professore ritrae il Bel Paese come una canna esposta ai venti della globalizzazione finanziaria, della tecnoscienza priva di limiti, di un marketing sociale che non solo diseduca i giovani ma li manipola. L’abbiamo intervistato.
Ha scritto che l’Italia è diventata “un Paese gelatinoso a causa del deficit di politica”. Che vuol dire?
Voglio dire che assistiamo a uno spappolamento, a una frantumazione ormai incontrollabile della società (è difficile oggi trovare qualcuno che non sia nevrotico o schizofrenico). La società è tenuta insieme da un collante troppo debole; quando dico “gelatinosa” mi riferisco al fatto che l’Italia si riunisce più intorno al Festival di Sanremo che a un ideale comune relativo alla propria cultura, alla propria identità, al proprio ruolo nel mondo. Frantumazione che vediamo oggi con grande evidenza: ci sono rivolte dappertutto, pezzi di società che si combattono tra di loro; verrebbe da parlare di assenza totale di società. Come la gelatina si scioglie al primo caldo, così questo Paese sembra sempre sul punto di sciogliersi in mille rivoli.
