I Diari di Raimon Panikkar, appena pubblicati, sono molto interessanti per la comprensione dell’uomo e dell’autore che si celano dietro gli oltre 60 volumi pubblicati in vita (senza contare quelli dell’Opera Omnia). Non solo e non tanto per l’importanza dell’intreccio fra la biografia e la bibliografia, quanto per l’evidenza dei riferimenti che confermano il suo pensiero altrove espresso, o lo mettono in discussione – aprendo, puntualmente, prospettive di studio inedite e benvenute.
1. L’uomo
Prima di concentrarsi sul nucleo teoretico, ci si conceda qualche breve appunto sugli aspetti più squisitamente biografici. Dalle pagine dei Diari emerge il ritratto di un uomo che, per quasi tutta la vita, ha sofferto di solitudine, della mancanza anche di una sola amicizia che gli permettesse lo scambio intimo e profondo di cui sentiva il bisogno; in particolare, Panikkar manifesta il rimpianto di non esser riuscito a coltivare come avrebbe voluto il rapporto con Ivan Illich, che aveva incontrato in più d’un’occasione e del quale parla almeno sei volte nel testo.
(Continua a leggere su «Dialegesthai», 16 aprile 2020)
 













 L’atmosfera naturalmente silenziosa del bosco contribuisce a rendere la scena del crimine ancora più inquietante. Anche se, di fatto, nessuno sa ancora con certezza se si tratti davvero d’un crimine: il proiettile mortale è certamente partito dal fucile di Fabrizio Sangermano, uomo di buona famiglia; ma lui continua a sostenere che si sia trattato di un incidente, terribile, certo, ma pur sempre un incidente. È scivolato, dice, e la pallottola fatale è partita in maniera casuale e infallibile. Tuttavia, i conti non tornano: l’esperto balistico, accorso sul posto, sostiene che la traiettoria mortale non è compatibile con la versione fornita, perché il colpo ha attraversato la vittima orizzontalmente, come da una posizione di tiro ideale, e non dal basso verso l’alto, come la descrizione dell’uomo farebbe pensare. E poi c’è la questione del silenziatore: perché applicarlo a un fucile da caccia? Dice che serve a non far mettere in allarme tutti gli uccelli, in seguito a un colpo mancato; ma questo non lo rende meno strano. I giornali, intanto, hanno già “risolto” il caso a modo loro: si è trattato di una tragica fatalità, e la reputazione del casato Sangermano è salva...
L’atmosfera naturalmente silenziosa del bosco contribuisce a rendere la scena del crimine ancora più inquietante. Anche se, di fatto, nessuno sa ancora con certezza se si tratti davvero d’un crimine: il proiettile mortale è certamente partito dal fucile di Fabrizio Sangermano, uomo di buona famiglia; ma lui continua a sostenere che si sia trattato di un incidente, terribile, certo, ma pur sempre un incidente. È scivolato, dice, e la pallottola fatale è partita in maniera casuale e infallibile. Tuttavia, i conti non tornano: l’esperto balistico, accorso sul posto, sostiene che la traiettoria mortale non è compatibile con la versione fornita, perché il colpo ha attraversato la vittima orizzontalmente, come da una posizione di tiro ideale, e non dal basso verso l’alto, come la descrizione dell’uomo farebbe pensare. E poi c’è la questione del silenziatore: perché applicarlo a un fucile da caccia? Dice che serve a non far mettere in allarme tutti gli uccelli, in seguito a un colpo mancato; ma questo non lo rende meno strano. I giornali, intanto, hanno già “risolto” il caso a modo loro: si è trattato di una tragica fatalità, e la reputazione del casato Sangermano è salva...