Come si vive, ai margini della società? La domanda è attuale e lo diventa sempre di più, in quest’epoca che sbandiera i valori dell’inclusione, dell’integrazione, dell’interculturalità; ma sembra dar luogo, nei fatti, a marginalità sempre nuove e più estese: quella, ad esempio, di chi perde il lavoro o non ne ha mai avuto uno; quella di chi è costretto a migrare, per motivi economici, politici, climatici; quella di chi sopravvive con meno di due dollari al giorno – nella condizione definita di “povertà estrema”, che riguarda quasi un miliardo di persone – o senza acqua potabile, o ancora esposto a malattie mortali curabili altrove con una semplice iniezione. I margini sono la parte più importante dell’insieme: perché è qui che si rischia la vita, quella incandescente e problematica che richiede soluzioni e non può aspettare. Al centro, invece, è il solito affannarsi dietro lo status symbol del momento, quello che tutti vogliono… per nessun motivo; se non per il fatto che, appunto, tutti lo vogliono. È una delle grandi intuizioni di René Girard, celeberrimo antropologo francese: la mimesi del desiderio. Ovvero: si desidera qualcosa non perché sia intrinsecamente desiderabile, ma perché altri lo desiderano. Meccanismo che inizia con la competizione e finisce con l’homo homini lupus: solo che qui non si sbrana nessuno, e i “perdenti” – è così che li definisce la retorica imperante, che più produce conseguenze devastanti, più utilizza per parlarne il linguaggio dei giochi – viene relegato in una delle zone di esclusione. Semplicemente. E fatalmente...
Quando mi è stato chiesto di scrivere la Prefazione al volume di Alberto Busetto, Vendetta e pace (ed. Il Prato, Padova 2017), ho esitato. Perché non conoscevo Girard abbastanza da poter commentare un libro su di lui. Ma poi ho cominciato a leggerlo, e ho scoperto che non si trattava del pensiero di Girard in quanto tale; e nemmeno di un libro di filosofia in senso specialistico. L’oggetto del discorso dell’autore è infatti la pace: e il suo non è un trattato, ma un invito a progettare un mondo pacifico, in cui ognuno possa trovare il suo posto, e l’unica esclusa sia l’esclusione. Un saggio che, incrociando saperi diversi, e ben consapevole che anche la più bella delle idee non vale nulla, se non viene messa in pratica, esorta all’azione e alla trasformazione: non tanto perché – come si dice – “un altro mondo è possibile”, ma perché è questo mondo che è impossibile (sintesi mirabile che ho appreso tanti anni fa da Achille Rossi, e che porto sempre con me), con la sua compulsione a volere sempre di più, senza motivo. Busetto scrive di ciò di cui abbiamo bisogno tutti, oggi. E io lo consiglio a tutti.
A. Busetto, Vendetta e pace, ed. Il Prato, 2017. Prefazione di Paolo Calabrò.
(«l'Altrapagina», aprile 2017)
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