sabato 8 ottobre 2016

Intervista al Presidente della Cooperativa Istituto Sant'Antida onlus

Dopo oltre cento anni di insegnamento, la scuola di Sant’Antida chiude i battenti: i problemi economici non permettono oggi alla Società Cooperativa Istituto Sant’Antida Onlus di tenere in funzione né le cinque classi della scuola primaria, né gli asili. Ne abbiamo parlato con il Presidente, dott. Vincenzo Farina, che ciò nonostante non rinuncia alla speranza...

La scuola di Sant’Antida chiude. Parafrasando l’espressione d’oltreoceano, potremmo dire che si pensava ad essa come a un’istituzione troppo antica per finire. Eppure ci siamo.
Abbiamo tentato fino all’ultimo di salvare almeno l’asilo e il nido, ma non è stato possibile. L’obiettivo era tenere in qualche modo aperta la scuola con questo nucleo minimo di servizi, e in prospettiva di riprendere l’anno prossimo con la prima classe elementare e crescere di nuovo, pian piano. Non eravamo stati i soli a sperarlo, c’erano stati anche segnali incoraggianti in tal senso.
In che senso?
Da più parti mi avevano chiedono di fare l’impossibile perché il Sant’Antida non chiudesse. Anche l’Amministrazione comunale si era espressa in tal senso: e questo non è strano, se si pensa che il Comune – in quanto erede del patrimonio De Dominicis – è tenuto a gestire questa scuola. Non va dimenticato infatti che sono passati vent’anni da quando ci fu chiesto, poiché il Comune non disponeva del personale idoneo, di gestire la scuola, e noi accettammo, affiancando gli asili alla scuola elementare già gestita dalle suore. Ora si torna al punto di partenza, con il Comune che ha lo stesso problema di allora, cioè gestire la scuola in una situazione di penuria: basti pensare che i nidi accreditati sul territorio casertano sono solo tre, e il Sant’Antida è uno di questi.
Se le cose stanno così: come si è potuti arrivare a questo punto?
C’è stata una coincidenza sfortunata di cause che ci ha colti di sorpresa: sono venute meno contemporaneamente le due principali fonti di sostentamento per la scuola, i trasferimenti economici da parte dello Stato, ormai in ritardo da un anno e mezzo, e il calo drastico del numero delle iscrizioni.
Si potrebbe vedere in quest’ultimo elemento un demerito della gestione.
Ma non è così: l’esodo di bambini cui abbiamo assistito è stato tanto massiccio quanto improvviso. E quindi imprevedibile. Noi abbiamo aperto regolarmente la scuola il 1 settembre, e con i numeri giusti, per così dire. Dopodiché, con nostra grande sorpresa, a partire dall’8 di settembre, i bambini hanno cominciato a spostarsi altrove, in gruppi sempre più nutriti, senza una spiegazione. Si potrebbero fare mille congetture. Ma la verità è che non sappiamo cosa sia successo: tuttora non riusciamo a spiegarcelo.
Sono stati questi gli unici problemi?
Pur non essendo quello principale, non va trascurato il costo del contratto di locazione (prima si trattava di una concessione), che nonostante non sia alto in proporzione all’ampiezza dello spazio concesso, si fa sentire notevolmente in bilancio.
Ma il Comune, dicevamo, ha tutto l’interesse a dare una mano affinché la cosa potesse andare avanti…
All’atto pratico, l’unica cosa che mi hanno saputo dire è stata di mettermi in regola con i canoni di locazione e tenere in piedi l’attività. Senza comprendere che così la cosa non ha nessun senso, in mancanza dei bambini; e che non ci sono risorse per pagare gli stipendi del personale, figuriamoci dei canoni di locazione...
Avendo capito che la difficoltà fondamentale era di carattere economico, il Comune avrebbe almeno potuto fare pressione sugli organismi dello Stato affinché i trasferimenti dei contributi economici vengano effettuati quanto prima?
Questa è sempre stata una cosa di cui si sono preoccupate le scuole, non il Comune. Difficile immaginare che potesse cominciare a interessarsene stavolta. Abbiamo provato a contare solo sulle nostre forse, che erano l’unica cosa che avevamo, fino alla fine.
Il trasferimento delle suore può aver inciso in qualche misura?
No, si tratta solo di un’ennesima sfortunata coincidenza. È stato un dramma che non c’entra niente con le difficoltà di bilancio, ma cui avremmo preferito non dover assistere, soprattutto in questo momento.
Stiamo davvero per scrivere la parola “fine” a questa storia che ha più di 100 anni?
Ahimè sì. Se non ci saranno nei prossimi giorni offerte per rilevare l’attività didattica, entro la fine dell’anno contabile la cooperativa verrà messa in liquidazione.

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano