Quando arriva la notizia che il Po ha rotto – frammentaria, incerta, confusa: insomma, ha già rotto, o sta per farlo? È successo a San Bartolomeo, o più giù? – l’intero paese si infiamma all’istante e, senza andare troppo per il sottile, comincia ad agire nei modi consueti per correre ai ripari: si grida in ogni dove, si chiamano parenti-soccorsi-rinforzi, si caricano camion e si va tutti in direzione degli argini noti e più a rischio. Tuttavia, le cose possono avere conseguenze inimmaginabili, e il fiume – che anche questa volta ha risparmiato il paese, evitando di sommergerlo – porta a galla un uomo, privo di documenti. E privo di memoria. Hai voglia a interrogarlo, a stimolarlo, a inventarti cose d’ogni tipo affinché possa recuperare anche un solo brandello del suo passato, cui appigliarsi per capire chi sia, cosa ci faccia lì… e magari come fare per riportarlo a casa. Ma non c’è niente da fare. Non resta che condurlo dai carabinieri e sperare che loro – “incrociando i dati”: si dice così? – possano venirne a capo in qualche modo. Ma proprio quando stanno per caricarselo in macchina e accompagnarlo in caserma… lui scompare. E sorge, contemporaneamente, un dubbio: forse quell’uomo, dall’aspetto così innocente, non lo è poi così tanto...
Livello di guardia di Natalino Balasso (comico prestato alla narrativa, che ricordiamo per le esilaranti partecipazioni alle prime edizioni di Zelig) è un noir che mette a tema tante cose, con garbo e gusto, dalle pressioni del malaffare sull’impresa (un malaffare che, anche quando sembra avere le migliori intenzioni di crescita e di sviluppo per l’azienda, non ha in realtà che un unico invariabile obiettivo: quello di appropriarsene, o di portarla all’autodistruzione) all’indipendenza (e pregnanza) del giornalismo. Tratto distintivo è l’insistenza sul dialetto locale – siamo in un paesino del Polesine, dove il più giovane ha cent’anni e ogni parola trasuda i luoghi e le storie della propria formazione – che avvolge l’intera narrazione e ne costituisce infine la vera ambientazione. I personaggi sono simpatici – ovviamente la cricca dei vecchietti non può non far pensare istintivamente a quelli del Bar Lume di Malvaldi – e l’insieme è godibile. Quello che fa le spese della tanta carne messa a cuocere è il ritmo; che talora passa in secondo piano, come se l’autore fosse troppo preso attorno dalle cose che ha da dire. Prova interessante e discreta, questo secondo romanzo di Balasso (che era stato preceduto da L’anno prossimo si sta a casa e seguito da Il figlio rubato).
Natalino Balasso, Livello di guardia, ed. Mondadori, 2007.
(«Mangialibri», 30 settembre 2016)
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