Il suo nome è Paolo Avitabile. Ma quelli che lo conoscono, lo chiamano “’o Malommo”. Cioè: quelli che dicono di conoscerlo. Perché di lui, in realtà, a parte le tante chiacchiere – e sempre le stesse – si sa ben poco. Nato ad Agerola, in provincia di Napoli, dove c’è una piazza dedicata al suo nome; generale che ha combattuto in quella che, a metà dell’800 era la Persia, nella zona che oggi interessa l’Iran e l’Afghanistan, prima per il Regno delle Due Sicilie, poi per gli Inglesi; e che si è distinto militarmente, sebbene non in virtù delle sue doti tattiche (che non gli avrebbero conferito l’inequivocabile appellativo prima riferito); pare invece che fosse unico non tanto in battaglia, quanto nel “trattamento post-bellico”, per così dire: una miscela orrifica a base di squartamenti pubblici ed esecuzioni sommarie e plateali di vario tipo. Si dice infatti che questa sua particolare versione dell’ordine pubblico fosse così efficace, da suscitare niente di meno che la reazione ammirata degli Inglesi - pur non avvezzi né alla tenerezza né alla moderazione - per i quali la possenza dei suoi metodi si rinveniva “nello sguardo degli afghani”, che lo conoscono come “Abu Tabela”. Insomma, di Paolo Avitabile si sa così poco, dal punto di vista storiografico, che ci si è spinti talvolta a metterne in dubbio - esagerando - perfino l’esistenza, come per altri grandi del passato, come Socrate (minutis minuendis, ovviamente)...
Il sospetto c’è e rimane, insomma: il solo fatto che la Bibliografia (pur trilingue) sia così ristretta, fa nascere “automaticamente” il dubbio che non tutto ciò che si racconta del Generale, trovi effettivo riscontro nella realtà storica. Stefano Malatesta, collaboratore di “Repubblica” e vincitore di diversi importanti premi per le sue pubblicazioni in volume, che ha amato viaggiare e scrivere letteratura di viaggio, ne è consapevole, e proprio all’inizio della bibliografia dichiara di sapere bene che “c’è sempre qualcuno che pensa che certi personaggi non possono che essere inventati”. Ma non per questo rinuncia a raccontare le vicende del suo paladino con lo stesso entusiasmo e lo stesso incedere di un racconto di viaggio, e come se fosse stato lui a compiere quel viaggio, fin dalle origini agerolesi (e non napoletane!) del protagonista. Se l’Avitabile meriti o meno, per l’esiguità del narrato specifico, una monografia del genere, resta domanda legittima; ma non v’è dubbio che il testo sia scritto nel migliore dei modi. Il libro è stato edito da Neri Pozza nel 2002 e viene ripubblicato oggi – senza nessuna integrazione o modifica – in formato digitale (che, curiosamente, costa per il .MOBI meno della metà dell’.EPUB).
Stefano Malatesta, Il napoletano che domò gli afghani, ed. Neri Pozza, 2002-2015 (I edizione digitale).
(«Mangialibri», 2 settembre 2016)
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