
Strano, inconcepibile, assurdo? Lo smarrimento istintivo che afferra immediato il lettore, davanti a una proposta che può far pensare alla parapsicologia o alla pseudoscienza (niente di più sbagliato: siamo invece di fronte a studi scientifici che si avvalgono di un metodo specifico e vengono condotti al centro dell’attenzione internazionale degli studiosi), è comprensibile. Ma è soltanto l’ovvia reazione a una novità destabilizzante. Che tuttavia comincia a non essere più tanto nuova o inedita; se l’epistemologia contemporanea - in prima linea quella di Raimon Panikkar - ha mostrato le condizioni di possibilità di una relazione tra pensiero e materia, sul piano ontologico, è banale osservare che la verifica di questa stessa ipotesi è alla portata di mano di chiunque: basta recarsi nella prima corsia d’ospedale per accorgersi che i medici incoraggiano i pazienti a tenere alto il proprio umore, perché questo contribuisce significativamente al processo della guarigione. Gli stessi medici che sperimentano (e utilizzano con grande successo) l’efficacia del placebo (o, se si preferisce, dell’autosuggestione) sul benessere dell’organismo fisico. Con puntualità da scienziato e chiarezza da divulgatore, Michel Le Van Quyen - dirigente medico parigino e studioso di neurofenomenologia allievo di Francisco Varela - offre uno studio importante dal punto di vista del metodo almeno quanto da quello dei risultati: perché mostra l’irrinunciabilità di un approccio interdisciplinare a problemi di questo livello di complessità. Volume pubblicato con il contributo del Ministero della Cultura francese - Centre National du Livre.
Michel Le Van Quyen, Il potere della mente, ed. Dedalo, 2016.
(«Mangialibri», 21 giugno 2015)
