L’amicizia per qualcuno è la cosa più bella del mondo; ma a volte gli amici ne sono così poco degni, che tocca inventarsi i modi più assurdi e strampalati, magari finanche sovradimensionati, per liberarsi di loro, e della loro improntitudine scellerata… Cosa c’è più ammirevole dell’amor proprio, quel sentimento che fa mostra di sé fin dal primo vagito e convince ciascuno di noi a ritenere che non vi sia niente di meglio di noi stessi? Evidenza che - anche quando cozzi con altre e più grandi evidenze - non vacilla, né segna mai il passo… La bellezza è soggettiva? Può esser forse vero per qualche sfigato in TV, ma a lui, Yogi-boy, che ha passato la vita intera a curare la sua bellezza, nessuno può dire che non sia bello-e-basta. Forse è solo passata la moda della “treccia capoeira”? Magari una spuntatina può riportare il giusto ordine nelle cose… Non c’è niente di più detestabile di chi innalzi a dogma la propria personale opinione delle cose, compiendo così a un tempo un doppio e più detestabile errore: quello di cassare la validità dell’opinione altrui (estromettendolo da una discussione cui avrebbe pieno titolo a partecipare) e quello di cristallizzare la sua idea rendendola qualcosa di così tanto venerabile da perdere, per ciò stesso, ogni salutare capacità di scherzarci sopra. Fosse anche la più importante di tutte: la pace...
La quarta di copertina di questa raccolta di racconti recita testualmente: «nel 1764 veniva pubblicato il Dizionario Filosofico di Voltaire. Sebbene non ricorra alcun anniversario, ci siamo chiesti in che modo verrebbero definiti oggi alcuni di questi lemmi». Eppure l’occasione per festeggiarne i 250 anni ci sarebbe stata, appena un anno prima. Continua: «Avremmo dovuto chiedere ai filosofi, e invece abbiamo interpellato gli scrittori». Ma non spiega perché; né come sia avvenuta la scelta; né se vi sia un curatore (dato che né la copertina, né il frontespizio né ancora il colophon ne informano). L’esito è un’accozzaglia eterogenea di racconti brevi che vorrebbero essere surreali ma finiscono per risultare nient’altro che sconclusionati; inclini a usare un linguaggio disinibito fino all’inventato, ma che non produce alcun effetto che lo giustifichi. Non manca qualche passaggio (ben poca roba, purtroppo) anche divertente o simpatico, ma nulla che possa valer la pena. Soprattutto, nulla che abbia una relazione autentica (ancorché “altra”, com’era nelle intenzioni dell’editore) con il Dizionario: si sarebbe potuto stampare questa raccolta senza alcun riferimento a Voltaire (i cui brani sono qui solo un riempitivo, di nessuna utilità o ispirazione), e sarebbe stata praticamente la stessa cosa.
AA.VV., Voltaire light, ed. Gorilla sapiens, 2015
(«Mangialibri», 5 maggio 2016)
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