
«Alla fine lo beccai, Abraham Trahearne: lo beccai che beveva birra in compagnia di un bulldog alcolizzato, tale Fireball Roberts, in una sgangherata bettola appena fuori Sonoma, California, intento a spremere anche le ultime gocce di un bel pomeriggio di primavera»: se è vero che questo incipit - come afferma Luca Conti, curatore della versione Einaudi, macchiata da un po’ troppi refusi, di The Last Good Kiss, (1978; la prima traduzione, di Edoardo Erba, era del 1981 per Mondadori) - è “forse il più celebre e citato della storia del giallo” (né si può dire che non sia splendido), non è per questo che si ricorda L’ultimo vero bacio, a fine lettura. Banale (ma quanto reale!) dire che se ne vorrebbe ancora, certo; che il colpo di scena finale (solo uno dei molti) riempie di tanta amarezza che se ne cerca una smentita fin nella Postfazione, nell’Indice, magari in quarta di copertina; o altre romanticherie (come il pensiero delle donne del romanzo - nessuna esclusa, dalla più giovane e bella alla più arcigna e malconcia - di cui si sente l’immediata mancanza). Ma il punto è che questo libro, nonostante sia un noir con tutti i crismi, fino all’imprevedibile “duello” verbale che lo chiude, aspro e violentissimo, è talmente oltre se stesso da indurre uno scrittore come Dennis Lehane a dire: “Lì abbiamo capito con chiarezza cosa era possibile fare con un romanzo poliziesco”. Nel quale c’è tutto ciò che un lettore di hardboiled possa desiderare: scazzottate, sparatorie, inseguimenti, imboscate; ma anche abboccamenti, appuntamenti clandestini, sortite fuori porta, piani sottilissimi dove qualcosa finisce inevitabilmente per andare storto… Poi c’è la parlantina irresistibile di C.W. Sughrue, brillante fino all’eccessivo (“Non puoi essere contemporaneamente un simpaticone e un duro” gli dice un picchiatore all’opera; eppure lui lo fa), la cura delle definizioni dei personaggi e delle relazioni e l’abilità (certe volte, si direbbe: “la malizia”) nel rovesciare situazioni tragiche nel comico, e viceversa, a renderlo un precursore e un pezzo unico da non perdere, non solo per gli amanti del genere.
James Crumley, L’ultimo vero bacio, ed. Einaudi, 2004.
(«Mangialibri», 13 aprile 2015)
