Il pensiero e l’emozione lavorano insieme, finalmente la filosofia - dopo il trauma cartesiano - lo ha accettato. Ciò che vale in particolare nel caso dell’immaginazione, fusione singolare tra le facoltà razionali e quelle emotive. Ora, tra le tante creazioni dell’immaginazione, le utopie sono quelle che coniugano alcune credenze della propria epoca con la passione della speranza; similmente, le distopie mettono insieme certe credenze tipiche dell’epoca con la passione della paura. Se in una certa epoca predominino le une o le altre - dato che ogni uomo è sempre soggetto tanto alla speranza quanto alla paura - dipende dalle credenze, appunto, che dominano in quell’epoca. È quindi più facile coltivare un’utopia come quella di Thomas More (“superclassico” di cui ricorre quest’anno il cinquecentenario della pubblicazione) in un momento storico di fiducia nell’umanità e nel senso (quindi nell’ordine; o, quanto meno, nell’“ordinabilità”) della realtà intera; viceversa, è più facile che proliferino le distopie, in un secolo che ha conosciuto lo sterminio scientifico di massa (si legga: lager e gulag) e l’orrore dei totalitarismi e dell’atomica: ecco che, al posto di Utopia, hanno visto la luce i tanti libri di Orwell, Huxley, di Bradbury e di Zamjatin…
Agnes Heller - una delle più grandi filosofe viventi, che insegna filosofia tra New York e Budapest - e Riccardo Mazzeo - intellettuale di spicco della scena trentina, che ha pubblicato libri con Zygmunt Bauman ed Edgar Morin (del quale abbiamo già parlato) - offrono un saggio acuto che lancia uno sguardo inedito sul nostro mondo: è vero che l’utopia non è affatto “l’irrealizzabile” ma, al contrario, ciò di cui abbiamo bisogno per progettare il nostro futuro nel migliore dei modi? E, inoltre: è vero che utopia e distopia non sono che due facce della stessa medaglia, e che conoscere in sezione il volto distopico della nostra epoca ci può aiutare a guarirne le ferite e a volare verso le tante utopie all’orizzonte (interculturalità, inclusione…)? Con due stili diversi ma complementari - più filosofico e storico, il primo; più sociologico e letterario, il secondo - gli autori ci ricordano in conclusione che, al di là di ogni più tetra previsione distopica e di ogni più sinistra prescrizione utopica (brillante al riguardo l’accostamento di Mazzeo dell’Utopia di More all’odierna realtà carceraria, o al recentissimo 2084 di Boualem Sansal), la più sana delle coesistenze prevede l’accoglimento del singolo in quanto tale, nella sua specificità inalienabile quanto innegabile. Un libro splendido fin dalla copertina, che ha il sapore della riflessione accorata e autentica.
Agnes Heller, Riccardo Mazzeo, Il vento e il vortice, ed. Erickson, 2016.
(«Filosofia e nuovi sentieri», 13 aprile 2016; «Pagina3», 14 aprile 2016)
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