mercoledì 24 febbraio 2016

J. Banville, False piste, ed. Guanda, 2015

«Era una bugia, ma non importava, tanto lui non la stava a sentire. Un denso bagliore indistinto era sopraggiunto adesso alla finestra, come sempre a quell’ora del giorno. Bella provò come un brivido. Quella strana luce investiva la faccia di Jack, un lucore fosforescente. Cos’hai fatto, Jack? Che cos’hai fatto per indurre il tuo socio a spararsi?»


Per Victor Delahaye - titolare di una importantissima società d’affari irlandese - la lealtà è tutto. Vi ha costruito il suo impero finanziario sopra, creandolo in società con i Clancy, famiglia cui i Delahaye sono storicamente legati. Per questo, quando si rende conto che il mondo intero intorno a lui ha smesso di considerarla una virtù, e di nutrirsene, vede vacillare il terreno sotto i piedi: e ora, difronte a Dave Clancy, cui affida le ultime parole della sua vita, sul ponte della sua Quicksilver, non regge più, e decide di farla finita piantandosi una grossa pallottola al ventro del petto…
Da John Banville - autore irlandese vincitore del prestigioso Booker Prize 2005, che ha pubblicato alcuni dei suoi numerosi romanzi con lo pseudonimo di Benjamin Black - ci si aspetta sempre il massimo, in termini di suspense, di azione, di qualità della scrittura. E difficilmente si resta delusi: questo suo ultimo False piste (ed. Guanda), non solo non delude, ma appassiona a una vicenda che unisce il giusto grado di complessità a un ottimo livello di “maturazione” per lo sviluppo dei personaggi della coppia Hackett (ispettore)-Quirke (medico legale), per i quali questo noir costituisce la quinta avventura investigativa.


J. Banville, False piste, ed. Guanda, 2015.

(«Pagina3», 24 febbraio 2016)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano