Il commissario Lucien Bertot - che per diversi aspetti ricorda certi suoi predecessori, con quella gran “voglia di farla finita” (à la Lincoln Rhyme), l’amicizia con certe prostitute (che richiama il Bordelli di Vichi) - è uno che non molla: ha una concezione tutta sua del crimine e del castigo (per questo familiarizza tanto facilmente con certi reietti che nel crimine ci sono nati, loro malgrado, e litiga spesso e volentieri con i graduati suoi superiori, troppo propensi a fare della legge una questione in bianco e nero, quando non addirittura di “casta”) e non perdona chi - potendo scegliere diversamente - si attarda a recar danno al prossimo. Un romanzo che mette insieme il pugilato e la politica, dove vena romantica e tinta noir crescono insieme sostenendosi bene a vicenda. Ottima la cura editoriale del volume, dalla grafica di copertina (con bandelle) all'acclusa mappa del viaggio in Bretagna.
Gianluigi Schiavon, nato a Padova, vive a Bologna. Scrittore e giornalista, lavora al Quotidiano Nazionale (Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno), dove è responsabile della redazione Interni-Esteri. In passato ha lavorato a la Repubblica, Il Gazzettino di Venezia e per vari periodici. Ha pubblicato i romanzi 50 minuti. L'inganno nel cassetto e Il bambino del mercoledì (entrambi per Giraldi Editore).
G. Schiavon, La fuga. Delitto in Bretagna, ed. Giraldi, 2015.
(«Pagina3», 1 febbraio 2016)
