Chi vive a Los Angeles identifica Daniel Arthur “Danny” Getchell con il suo giornale, “Hush-Hush” (“strettamente cofidenziale”); di lui si sa che, proprio come quelle pagine, ama sguazzare nel torbido alla ricerca di qualcosa di laido da raccontare, purché fresco di giornata. Il suo ultimo scoop è su di una sedicente stellina, Linda Lansing, che cerca di sfondare nella musica a qualsiasi “costo”. E di mazzette ne volano parecchie, ma a quanto pare c’è di più: ben poco dopo le prime indagini del rotocalco, la Lansing viene trovata assassinata nella sua “tana” di Tijuana… Danny Getchell è morto, dopo aver scoperchiato un universo di lordure losangeline grosso come una discarica a cielo aperto; soprattutto quelle dei cosiddetti “buoni”, i divi hollywoodiani, modelli per eccellenza. Ma ci sono altri “buoni” che non la contano giusta e di cui si sa ancora troppo poco: certi poliziotti dell’ultracorrotto LAPD, tanto per cominciare… A L.A. pare che nulla sia destinato a essere “normale”: anche chi non è deviato - come l’inossidabile “Rino” Jenson - sembra irrimediabilmente condannato ad essere svitato, eccessivo, sociopatico. Nel suo caso tutte e tre le cose. Ma stavolta ha pane per i suoi denti: anche l’indagine che gli è stata affidata non ha nulla di “normale”. Altrimenti non si arriverebbe a sospettare che un crimine tutto sommato comune possa avere niente di meno che dei risvolti terroristici...
Bompiani ripubblica qui, in un unico volume, i tre romanzi brevi Tijuana, mon amour (1999), Scasso con stupro (2004) e Jungletown jihad (2003), usciti in Italia rispettivamente nel 1999-2005-2006. Operazione non velleitaria, in quanto le tre storie - pur completamente autonome - costituiscono di fatto una linea unica e omogenea, con un effetto narrativo accresciuto dalla continuità (arrischiata è stata semmai l’idea di pubblicarle separatamente, data la loro brevità, come in precedenza segnalato da «Mangialibri»). Lo stile di Ellroy - caleidoscopico, iconoclastico, fiammeggiante - è qui, per così dire, “in bella mostra” per offrirci, tra le mille cose, un Sinatra dipendente dal sesso a tre (e magari fosse solo quello), al punto da invischiarsi in un pericoloso affare di corruzione. Ma in realtà sono talmente tanti i personaggi celebri infangati da queste storie che, nel leggerle, non si riesce a non chiedersi come faccia l’autore a tenersi alla larga da una raffica di querele, nonostante la premessa di prammatica circa il riferimento a fatti e cose realmente esistenti. Non ne risente in alcun modo la godibilità, anzi: è difficile resistere alla salva di insinuazioni, ingiurie, “rivelazioni” che l’autore scodella sulla pagina come fossero carte distribuite da un croupier esperto sul tavolo da gioco. E ai personaggi che parlano male e se ne compiacciono (ricorrente la storpiatura delle parole allungandone le vocali). Non bastasse, ci sono i suoi consueti neologismi (da “sess-azionale”, riferito appunto a Sinatra, a “tele-visone”, per uno spot a base di nudo integrale con pelliccia, a “lesbordello”, che non richiede spiegazioni); e gustosi giochi di parole come: «Esaminai l’erba: era eccellente. Arraffai avidamente. Me ne accesi una nella Studebaker satura di fragranze e mi fumai d’un fiato la strada sino in centro». “Tommy Hilfinger coordinato” diventa “Tommy Hilfinégher coonordinato”; e: «Ci infilammo in infimi ficai. Setacciammo la “Sorca sorniona” e il “Sally la saf-fica”». Si potrebbe continuare. A luuuuungo.
J. Ellroy , Il paradiso è per sempre, ed. Bompiani, 2015.
(«Mangialibri», 11 dicembre 2015)
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