Avrebbero già vinto. I sostenitori della mente come “prodotto” del cervello, i fautori delle emozioni come epifenomeni della chimica neuronale, i tanti intellettuali di ogni estrazione culturale tutti protesi - come se non ci fosse niente di più desiderabile - a cercare di argomentare che l’homo sapiens, in fin dei conti, non è altro che una gran bella macchina. Avrebbero già vinto, se non fosse per… la coscienza. Quella cosa di cui nessuno conosce la definizione, ma che - oltre a marcare la differenza tra l’animale-uomo e l’animale tout court - innesca in quest’ultimo la pretesa di avere l’ultima parola su se stesso. Chi di noi accetterebbe di venir giudicato in tribunale a colpi di neuro-imaging a colori, senza avere la possibilità di proclamare da sé la propria innocenza? Ecco: la coscienza, ancorché misteriosa, si pone come istanza irriducibile di un essere-umani che affranca l’uomo da ogni sapere riduzionistico e riporta alla mente le parole di Wiener, il padre della cibernetica: «Se il cervello umano fosse abbastanza semplice da poter essere capito, noi saremmo troppo semplici per poterlo capire». Allora, dovremmo rinunciare alla ricerca? Al contrario, dovremmo approfondirla, evitando ogni semplificazione, e soprattutto la tentazione di spiegare questa incognita da un unico punto di vista, sia esso neuroscientifico, filosofico, teologico...
Il volume di Giuseppe Genna mette insieme molte cose diverse in una trattazione composita e transdisciplinare che ambisce a mantenere un corso unitario nonostante i tanti rivoli che ne fluiscono, che predilige l’immediatezza e rifugge da tecnicismi spinti (nonostante lo stile sia erudito e la fruizione presupponga una buona infarinatura della storia della filosofia post-cartesiana), a vantaggio di un’indagine e di una ricostruzione il più possibile a tuttotondo. Un posto di primo piano occupa qui la terapia, che connota questo studio (in accordo con un certo orientamento generale che vede la psicoterapia usurpare sempre più il posto una volta riservato alla psicanalisi) in maniera decisamente pratica, più vicina alla prassi esperienziale che alla teoria. Consapevolezza, coscienza, inconscio; e: scienza, metafisica, modernità, occidente… sincretismo dietro l’angolo? Scarso approfondimento settoriale? Può darsi, ma sono rischi che bisogna correre - e qui lo si fa molto bene - quando si vuole parlare in maniera matura e attuale di qualcosa di sfuggente come la coscienza: ciò che permette all’uomo di dire “Io sono” senza al contempo sapere, esattamente, che cosa significhi.
G. Genna, Io sono, ed. ilSaggiatore, 2015.
(«Mangialibri», 20 luglio 2015)
lunedì 20 luglio 2015
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