venerdì 1 maggio 2015

Tsipras, Grecia nuova, Europa nuova. Intervista a Guido Viale

Guido Viale, leader nel ‘68 della protesta studentesca ed ex-dirigente di Lotta continua, è membro del Comitato tecnico-scientifico dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’Ambiente (ISPRA). Collabora con «Repubblica» e «il manifesto».


Tsipras: una nuova Grecia… o una nuova Europa?
Il cambiamento della Grecia è stato radicale. Dopo anni di un governo centrista, prima retto prima dai socialisti e poi dai democristiani, che hanno accettato incondizionatamente tutti i diktat delle autorità europee, abbiamo oggi un governo nato da una rivolta di popolo - prima ancora che da una vittoria elettorale - contro le condizioni e le conseguenze delle politiche europee. Quale che sia l’esito di questo scontro in atto con le autorità europee, la situazione sociale in Grecia è cambiata in maniera irreversibile e non è pensabile che si possa ritornare alla situazione quo ante. Naturalmente c’è anche una nuova Europa, perché quello che la Grecia prospetta è realizzabile esclusivamente in un quadro di cambiamenti radicali della politica europea nel suo complesso: cambiamenti che il governo greco, nel suo piccolo e nel suo isolamento, non è certamente in grado di imporre da solo. Dinamica che prende corpo attorno a una strada e a un programma con cui dovranno coordinarsi tutte quante le forze politiche che intendono opporsi alle attuali politiche di austerità: anche quelle che oggi sono all’opposizione, ma che domani potrebbero essere al governo.
Si è soliti dire che quando una formica trascina un elefante, non è l’elefante a spostarsi, ma la formica. Cosa accadrà: sarà l’Europa ad andare verso la Grecia, o viceversa?
Indubbiamente più di così la Grecia non può venir trascinata dall’Europa: non dopo gli ultimo cinque anni (dall’imposizione del memorandum post-crisi, 2010), e non dopo i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, con la Grecia devastata dal degrado, dalla miseria, dalla disoccupazione e dalla deprivazione. Io personalmente credo che l’Europa dovrà arrivare a un compromesso con la Grecia, che chiaramente sarà costoso per la Grecia - in quanto comporterà una riduzione di tutto quello che Syriza ha promesso in campagna elettorale - ma che comunque rappresenterà una sconfitta per i falchi dell’Europa. Ne sono convinto: non ci si può permettere, oggi, di espellere la Grecia dall’euro, perché l’Europa non in condizioni di progettare una ripresa economica che rimetta in sesto tutti quanti i Paesi in difficoltà. Quindi sostanzialmente alla domanda principale si può rispondere: quale che sia l’esito dell’incontro-scontro fra Grecia ed autorità europee, la Grecia uscirà segnando dei punti a proprio favore e l’Europa dovrà sostanzialmente cedere qualcosa. Quanto, e in che forma, credo che nessuno sia in grado di dirlo.
Su chi può contare Tsipras in Europa? C’è qualche altra nazione che potrebbe sostenere la Grecia, o addirittura provare a imitarla, seguendone la scia?
No: allo stato attuale la Grecia non può contare su nessun governo, per una semplice ragione: perché tutti i governi hanno accettato i diktat delle autorità europee, facendoli pagare durissimamente alle proprie popolazioni. Compresa la Germania, quella che apparentemente è la maggiore beneficiaria, ma che non a caso ha al suo interno 9 milioni di lavoratori sottosalariati e supersfruttati, coi cosiddetti “mini-jobs” a 500 euro al mese. Dopodiché, quanto più ci allontaniamo dalla Germania e ci avviciniamo agli Stati in difficoltà, che hanno subito maggiormente le conseguenze delle politiche di austerity, tanto più ci troviamo di fronte a governi che non possono assolutamente permettersi di schierarsi con la Grecia, perché anche solo l’accenno a un appoggio equivarrebbe ad ammettere che i sacrifici imposti finora… erano ingiusti e non indispensabili.
Questo vale anche per l’Italia?
Certo. Qui, anzi, abbiamo una situazione a dir poco grottesca, come tutta la politica di Renzi: a parole una linea di sostegno alla Grecia e di lotta contro la politica di asuterity delle autorità europee, nei fatti l’imposizione legislativa più antipopolare e brutale di tutti gli Stati europei, dalle misura sul mercato del lavoro - grosso modo analoghe a quelle della Spagna - a quell sulle pensioni, i mutui, gli sfratti. In più, in Italia abbiamo anche un cambio della Costituzione, che lungi dall’essere una presa di posizione a favore della prospettiva aperta dalla Grecia rappresenta un irrigidimento fortissimo, in senso autoritario, di tutto l’assetto politico del Paese.
Dovremmo avere in qualche misura paura, come italiani e come europei, dell’“effetto Tsipras”? Qualcuno lo ha definito “il nemico numero uno dell’Europa”, trattandolo quasi da incosciente, o da esagerato. Come dovremmo considerare la sua prospettiva politica?
No, Tsipras non è per niente un incosciente né un esagerato, e lo ha anche dimostrato comportandosi da capo di Stato, dopo essere stato per anni il capo molto giovane - anche se con una solida esperienza alle spalle - di un partito nato di recente e cresciuto inaspettatamente soltanto negli ultimi anni. Il modo in cui si sta muovendo nei confronti dell’Unione Europea dimostra al contrario, secondo me, una grande saggezza; ciò indipendentemente - insisto - dagli esiti. Perché da un lato ribadisce le finalità, assolutamente anti-austerity, della politica che si è impegnato a seguire nei confronti della propria popolazione, dall’altro cerca in qualche modo di smussare le punte più aguzze del fronte europeo, facendo anche risaltare l’improponibilità di certe alternative, che avrebbero conseguenze disastrose non solo per il sistema economico europeo, ma anche per l’assetto di potere del continente. Riflettiamoci un attimo: se Tsipras fosse costretto a chiedere l’aiuto finanziario di Putin, oppure della Cina… non sarebbe forse per le autorità europee (così come per la NATO) qualcosa di intollerabile?
Soprattutto considerando che al momento tanto le prime quanto la seconda sono impegnate in Ucraina e nel Medio Oriente.
Aggiungerei: in maniera pericolissima e irresponsabile. Non solo perché, in questo senso, si tende a sopravvalutare Putin quale fattore destabilizzante per l’Europa, mentre è evidente che tanto l’Italia quanto l’Europa commerciano stabilmente con la Russia da almeno quindici anni (e tutto sommato in condizioni molto meno temibili di certe proposte - come ad esempio il TTIP [Trattato Transatlantico sul Commercio e sugli Investimenti, N.d.R.] - che non a caso ci vengono fatte ci vengono fatte più dagli Stati Uniti che dall’“orso russo”). Il paradosso dell’Europa e non soltanto dell’Italia è che da un lato fa il viso duro verso Putin, minacciando e attuando sanzioni, dall’altro lato sa bene che la sua economia dipende interamente dal gas e dal petrolio che provengono dalla Russia: senza, l’intero apparato industriale europeo potrebbe trovarsi dall’oggi al domani in una situazione di paralisi. Quindi ci troviamo di fronte a un gioco delle parti che ha peraltro dei risvolti criminali, oltre che rischiosi: perché in Ucraina ci sono stati tantissimi morti... e continuano ad esserci.
Qual è il rapporto di Tsipras con l’ecologia?
Credo che Syriza non abbia mai affrontato in profondità la questione ecologica e la gravità della situazione ambientale a livello globale. Ad esempio Tsipras - ne ha parlato Naomi Klein - sarebbe a favore delle trivellazioni nel Mar Egeo alla ricerca del petrolio: la sua novità starebbe solo nel fatto che i ricavi andrebbero a favore della popolazione greca, invece di andare a finanziare l’estinzione del debito nei confronti della troika.
C’è la speranza che, con Tsipras, il concetto di “decrescita economica” possa finalmente, e per la prima volta, uscire dalla teoria ed entrare nella prassi politica?
Credo proprio di no: queste tematiche sono rimaste relativamente estranee al complesso delle forze che hanno dato vita a Syriza, tutte provenienti da un ambiente conunista tradizionalmente refrattario a tematiche antiproduttiviste (e ambientaliste, come dicevamo). D’altro canto l’esigenza di far fronte a problemi urgenti e gravissimi rende un dibattito sulle prospettive di lungo termine per loro ancora più difficile che per noi.
In Italia Tsipras ha riscosso un certo consenso alle passate elezioni europee. Com’è si sta sviluppando da noi il movimento politico che ne condivide gli orientamenti e in un certo senso lo segue?
Purtroppo la cosa va relativamente male: nonostante il grande interesse per Tsipras e per il suo governo, la lista che ha beneficiato del suo nome alle scorse europee non è riuscita a mio avviso riuscita ad andare al di là del risultato raggiunto il 25 maggio scorso.
In chiusura: questa storia greca… avrà un lieto fine?
Non lo sappiamo e credo che che non lo sappiano neanche i protagonisti, che se la giocano giorno per giorno su un terreno molto accidentato. È importante però creare il massimo della mobilitazione a sostegno della Grecia: perché la partita che si gioca lì non riguarda solo loro, ma tutti noi.
(«Il Caffè», 10 aprile 2015; «l'Altrapagina», aprile 2015)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano