Marcello Massari è un importante antiquario romano fermamente intenzionato a procurarsi con ogni mezzo i sette cavalieri d’oro la storia della cui origine risale alla Firenze medicea. Non per sé, ovviamente, ma per un cliente disposto a pagare l’inimmaginabile per averli. Per questo è andato da Sotheby’s ad aggiudicarsene due. Ma ora attorno a quelle statuette stanno cominciando a succedere cose strane e inquietanti: un’anziana signora è stata appena derubata in casa sua, in un vicolo del capoluogo partenopeo, e il conte Baxter, proprietario di altri due dei sette cavalieri e risolutamente intenzionato a non vendere, è sparito. Sulla faccenda indaga il commissario Renzi, ma non da solo: lo “staff” della sua barberia di fiducia è già pronto a mettersi “al lavoro”...
Nicola Manzò è maturato rispetto al precedente Gli amanti di vico San Severino, primo della serie “I delitti del barbiere” cui anche questo appartiene (e può venir letto indipendentemente dall’altro), come se la voce narrante avesse infine trovato l’intonazione giusta. Anche questo secondo noir resta tuttavia un po’ viziato nello stile: la parzialità smaccata dell’autore innamorato della sua città (Napoli) intride i personaggi (il protagonista, in particolare) e dà luogo a più di un passaggio stucchevole. Ciò detto, però, il punto di forza è la trama a cavallo tra la storia antica e quella contemporanea, tra la congiura dei Pazzi e il presente di qualche anno fa, che si fa leggere volentieri e sa catturare l’attenzione.
N. Manzò, Sette cavalieri d’oro , ed. TEA, 2015.
(«Mangialibri», 22 aprile 2015)
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