Islam e cristianesimo. (Medio) Oriente e Occidente. Fanatismo e democrazia. Sono queste le categorie in cui sovente i media dividono la realtà; poli apparentemente opposti, spesso congiunti con un “vs.” anziché con la “e”, a sottolinearne l’incompatibilità, in pieno stile “scontro di civiltà”. Ma si tratta veramente di cose tanto inconciliabili? La prassi filosofica, religiosa e, più in generale, culturale degli ultimi decenni ha dimostrato che, al contrario, molte presunte lontananze non sono altro che un errore di prospettiva dovuto all’ignoranza reciproca, e che il dialogo tra diversi è in grado di avvicinare gli estremi più opposti illuminandone tanto la differenza quanto la convergenza. Teoria? Al contrario: una pratica ben precisa e collaudata, che mostra inoppugnabilmente quanto sia la nostra incapacità di ascoltarlo a rendere l’altro così diverso da noi…
Edgar Morin - uno dei maggiori studiosi contemporanei, celebre tra l’altro per i suoi studi transdisciplinari sul metodo e la complessità - e Tariq Ramadan - teologo dell’islam occidentale fra i più influenti - offrono in questo volume (una perla di saggezza e di pensiero libero, che spazia tra la questione di Dio e quella femminile, tra la fede e la ragione, tra la politica e l’etica passando per il problema palestinese e, ovviamente, per il fondamentalismo) un eccellente esempio di dialogo-in-pratica, distante tanto dal “monologo a più voci” tipico dei dibattiti televisivi, in cui sembra sempre di assistere a delle conversazioni tra sordi, quanto dalla reciproca apologia di parte. Non è necessario rinunciare alla propria identità per andare incontro all’“altro”, purché da entrambi i lati si sia disposti a non sclerotizzarsi sulle proprie idee (facendone un idolo: fanatismo tipico delle ideologie dogmatiche tanto degli “orienti” quanto degli “occidenti”). Ogni uomo, come ogni cultura, ha qualcosa di “non negoziabile” che ritiene indispensabile; ma trattare l’altro dall’alto di questo pre-giudizio come se si trattasse di una verità assoluta, significa automaticamente confinarlo nell’errore solo perché non vi crede (o non lo fa allo stesso modo). “Pericolo delle idee” di cui si parla fin dal titolo: quello di ancorarsi a esse come se fossero idoli indistruttibili; al contrario, bisogna saper “mettere in pericolo” le proprie idee: maneggiarle, confrontarle, rielaborarle continuamente e se necessario - perché no - anche sostituirle o accantonarle. Le idee servono (devono servire) alla vita: nella misura in cui non offrono questo servizio sono morte - e andrebbero sepolte. Tutto passa a questo mondo - sembrano dire questi due grandi intellettuali, che leggiamo a cura di Riccardo Mazzeo, qui curatore, traduttore dal francese ed estensore dell’introduzione - neanche le idee più sacre possono venir ritenute eterne. Ciò nonostante qualcosa rimane: la voglia dell’uomo di vivere in pace con i propri simili.
E. Morin, T. Ramadan, Il pericolo delle idee, ed. Erickson, 2015.
(«Pagina3», 2 aprile 2015; «Mangialibri», 8 aprile 2015; «l'Altrapagina», aprile 2015)
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