giovedì 5 marzo 2015
H. Marienské, Libere, ed. Clichy, 2015
Annabella Mansuy è una prostituta a cui piacciono le donne. Cioè, non solo le donne, ma insomma. Angela è invece una professoressa di lettere con aspirazioni da scrittrice, che frequenta saltuariamente circoli letterari elevati e porta il cognome del fu marito: Guillometaz. Marito che amerebbe ancora: se fosse vivo, ovviamente. E se non l’avesse schiacciata con la sua invadente fama di pianista. E con i suoi tradimenti continui. A lei - a differenza di Annabella - piacerebbero gli uomini, ma in questi casi, si sa, non si può mai dire. La persona giusta per te può colpirti all’improvviso, e può sorprenderti proprio perché non te l’aspettavi così. Soprattutto se a lei ti senti unita da un’affinità profonda, ma anche dalla possibilità ineguagliabile di sfuggire al tuo passato, seppellendolo per sempre…
Héléna Marienské riesce a trovare il giusto equilibrio tra l’erotico e il noir, e a consegnare un romanzo godibilissimo che non fa sconti né al linguaggio né alle descrizioni, e soprattutto non si lascia scadere nello stereotipo della seduzione perversa né in quello del serial killing a sfondo sessuale. A tema tra l’altro l’istituzione del matrimonio e la sua sopravvivenza nella nostra società: se è chiaro che è l’omogamia il fattore che più di ogni altro tiene insieme le coppie sulla lunga distanza (nell’epoca dell’aumento dei divorzi), non è forse automatico pensare che la logica e quasi ovvia conseguenza sia un legame matrimoniale basato non solo sull’affinità professionale e culturale, ma anche su quella… di genere? La lezione è chiara: in amore non contano né le rivendicazioni ideologiche (il femminismo, il libertinismo, ecc.) né ciò che è “naturale” (o che si pretende tale). In amore conta l’affinità. E a volte, per poterla coltivare, c’è un prezzo da pagare.
H. Marienské, Libere, ed. Clichy, 2015.
(«Pagina3», 5 marzo 2015)
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