«Decise di andarsene da tutto. Mise un secondo abito, due camicie, qualche altro indumento, personale in valigia, la valigia nella Rolls Royce. Partì senza un annuncio. Perdersi è la migliore delle venture
, ripeté con un verso che amava. Scomparire. Era stata sempre una delle sue fantasie: dileguarsi come un fantasma, approdare in un luogo anonimo dove nessuno lo conoscesse. Non essere
(qui citò Amleto). Un atto infantile, avrebbe detto Bella Stout: ancora un tentativo di attirare su di sé l’attenzione, di farsi rimpiangere. Un altro atto mancato».
Marc Stout vuole morire. Questo è quello che dice. O almeno questo è quello che ha sentito il suo dipendente Jean-Luc Poitier quando il capo della “Marc Stout editore” gli ha parlato: «Un milione di dollari su un conto svizzero e la mia macchina. E anche mia moglie». In cambio, Poitier deve ucciderlo. Senza preavviso. Lui non vuole sapere come, né dove né quando. Ci sono occasioni meno rischiose al mondo - pensa Poitier - ma in fine dei conti potrebbe valerne la pena… Un noir in tre parti ben scritto, dal giornalista Angelo Mainardi, già autore di parecchie opere scritte nell’ultimo trentennio e vincitore di diversi premi letterari. A tema l’eternamente rimandato ma sempre presente rendez-vous con il proprio vero se stesso e l’impossibilità di dominare gli eventi, soprattutto quando la velleità di controllo avviene nella modalità del rinunciarvi. Il libro esce nella collana “Le ragioni dell’Occidente” dell’editore Mauro Pagliai, la quale si propone «attraverso scritti polemici, romanzi, saggi e conversazioni, di affrontare le problematiche che stanno incendiando il mondo moderno».
A. Mainardi, Trilogia di Marc Stout, ed. Mauro Pagliai, 2013.
(«Pagina3», 6 marzo 2015)
Paolo Calabrò
Filosofia e Noir
Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano