venerdì 27 febbraio 2015

M. Borghesi, Critica della teologia politica, ed. Marietti, 2013

La tradizione vuole che Agostino versò copiose lacrime di fronte allo spettacolo del disfacimento ineluttabile dell’impero romano: quello che aveva sdoganato il cristianesimo alle masse, permettendogli diritto di cittadinanza e di insegnamento (nonché di lucro), adesso giaceva tra le fiamme, senza speranza di ripresa, né di ritorno. Ma il dottore della Chiesa - vuoi per rassegnazione, vuoi per opportunismo, vuoi magari per autentica lungimiranza filosofica - seppe trarre un grande insegnamento da quell’evento: qualunque città terrena - foss’anche la più forte, splendente e regale - è destinata a scomparire. “Passa la figura di questo mondo” e non le si può affidare ciò che l’uomo ha di più prezioso: la propria anima, custodita grazie alla religione. Cosa ne è del fondamentale insegnamento agostiniano oggi, nell’epoca in cui i nazionalismi religiosi tendono a irrigidirsi negli antichi (e obsoleti) miraggi della teocrazia?
Tornano in medioriente (e, per reazione, un po’ in tutto il mondo) gli integralismi religiosi, che hanno poco o nulla della rinascita con la quale vorrebbero rpesentarsi e molto del cadavere riesumato. La vecchia impostazione della religione “privata” (nelle tante forme del popolo eletto, dello stato teologico ecc.) non resiste più, non solo alla critica filosofica interculturale, ma all’assetto di un mondo globalizzato in cui è sempre più chiaro che abbiamo bisogno gli uni degli altri perché nessuno possiede le soluzioni generali ai problemi che sono di tutti (da quello ambientale a quello economico). Attardarsi in rivendicazioni di supremazia o di chiusura è dunque fuori contesto; soprattutto se si pensa che il modello cristiano dell’apertura “cattolica” - cioè riservata a tutti, nessuno escluso - risale appunto almeno ad Agostino. Borghesi, docente di Filosofia morale a Perugia, lo mette bene in luce sottolineando come la teoria per un incontro tra le religioni - altro che scontro di civiltà! - sia pronta da quasi due millenni e non resti che applicarla: punto di partenza per questa operazione, la critica della teologia politica attraverso le impostazioni di autori come Peterson, Ratzinger, Maritain, Sturzo-Dossetti-De Gasperi, Carl Schmitt. Il Dio degli eserciti ha fatto il suo tempo; adesso è l’ora del Principe della pace. La fede non basta. C’è bisogno di idee più chiare al riguardo.


M. Borghesi, Critica della teologia politica, ed. Marietti, 2013.

(«Mangialibri», 27 febbraio 2015)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano