La morte. È questo l’esito necessario e inesorabile del capitalismo, secondo la battuta che abbiamo sentito tante volte - l’ultima al cinema, in Cosmopolis di David Cronenberg - dove l’eliminazione fisica dell’avversario economico è la naturale prosecuzione degli affari “con altri mezzi”. Il marxismo parla del lavoro vivo accumulato nel capitale morto, e fino ad oggi abbiamo assistito (e continuiamo a farlo) alla morte - per fame, sete, malattie curabili e guerre d’interesse - di intere popolazioni: milioni e milioni di persone, mentre altri miliardi vivono con meno di due dollari il giorno e sono i prossimi candidati a scomparire ad maiorem gloria dei. Ovviamente parliamo del dio denaro. Ma la novità di questi tempi è la morte per l’insostenibilità interna del meccanismo: il capitalismo non regge più il suo stesso peso, perché il pianeta - con le sue risorse, il suo ecosistema, il suo equilibrio interno insomma - non riesce più a stargli dietro. Il capitalismo - con il suo mito della “crescita infinita” - si comporta con la terra come un padre che volesse vedere suo figlio crescere sempre, in continuazione, senza sosta e senza limite. Una mostruosità della quale non sempre riusciamo a renderci conto; ma contro la quale rischiamo di sbattere il muso, se non riusciamo a fermarci per tempo. Perché quando la temperatura complessiva del pianeta sarà aumentata fino all’insopportabile, nessun condizionatore riuscirà a raffreddarlo.
«Con la sua pretesa scientificità, l’economia si sta mangiando la nostra civiltà creando intorno a noi un deserto dal quale nessuno sa come uscire. Meno di tutti gli economisti. Ma il modo c’è, dico io: essendo fallite tutte le rivoluzioni, l’unico modo per non farsi consumare dal consumismo è quello di digiunare, digiunare da qualsiasi cosa che non sia assolutamente indispensabile, digiunare dal comprare il superfluo»: così Tiziano Terzani, giornalista che ha viaggiato per lavoro in tutto il globo e si ispirava a Gandhi, riflette sullo stato delle cose, per spiegare che uscire da questo sistema produttivo impossibile e mortifero possiamo; e dobbiamo. Subito. Gloria Germani, esperta del pensiero di Terzani e autrice di Terzani. Verso la rivoluzione della coscienza (ed. Jaca Book, nella collana “I precursori della decrescita”, diretta da Serge Latouche; libro che contiene tra l’altro un’ottima scelta di testi selezionati del reporter), riprende la sua visione e ne mostra tutta l’ampiezza, fino ad arrivare alla critica dell’individualismo, del materialismo, dello scientismo quali caratteri di una Modernità che ha finito per imboccare una strada sbagliata ed è riluttante ad ammetterlo. Con una conclusione chiara: per cambiare le cose dobbiamo cominciare a credere che sia possibile; in questo senso, qualsiasi rivoluzione politica passa per quella della coscienza personale, per una nuova disposizione a vivere in armonia e semplicità, anziché in competizione perpetua e in mezzo a complicatezze tecnologiche e procedurali di ogni tipo.
Comunque la pensiamo al riguardo, il rischio che abbiamo davanti è quello della morte di tutte le cose. Non sarebbe meglio scegliere la vita?
(«Il Caffè», 6 febbraio 2015)
domenica 8 febbraio 2015
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