La camorra napoletana è una delle forme di criminalità organizzata più studiate e discusse. Le forme dell’organizzazione, i modi di operare, le ramificazioni d’affari, la genealogia… ogni aspetto è stato esaminato e sviscerato in libri, film, serie TV, perfino in certe canzoni. Ma quel che vale per gli aspetti collettivi, non vale allo stesso modo per quelli personali: la psicologia che sta dietro le intenzioni, i comportamenti, i fini di chi rende la camorra quel che è, è ancora in gran parte ignota. Questo perché mentre è facile ricostruire, a partire da quelle che sono le fonti principali d’informazione - gli atti giudiziari e i resoconti che su quegli atti si basano - le azioni esteriori dei gruppi, non lo è altrettanto per i moventi interiori che conducono non solo ai singoli gesti criminosi, ma all’appartenenza stabile a una struttura che ha vincoli precisi e non prende bene le defaillance…
Tramite uno sforzo di immedesimazione nei soggetti osservati - a partire dalle fonti a disposizione: oltre al materiale giudiziario, le intercettazioni ambientali e le interviste - Giovanni Starace, docente di Psicologia dell’Università Federico II di Napoli, prova ad entrare nella mente e nel cuore dei camorristi, nel loro mondo fatto di “pochi pensieri, sempre uguali a se stessi negli anni” e di eccessi opposti, come la più sfrenata crudeltà e la più grande fedeltà. Un’opera di grande importanza per venir fuori dal tunnel (talvolta ineludibile) di quegli studi che parlano di fenomeni come questo senza averne alcuna conoscenza diretta, in una spirale autoreferenziale che non lambisce l’esperienza effettiva. Nella bella collana “Saggine”, rilegato a filo.
G. Starace, Vite violente. Psicoanalisi del crimine organizzato, ed. Donzelli, 2014.
(«Mangialibri», 5 gennaio 2015)
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