Qual è la caratteristica principale del nostro mondo attuale, rispetto a tutti quelli che l’hanno preceduto: la globalizzazione? Certo, non si può negarlo, le genti e le culture non sono mai state tanto a contatto; ma non è questa la vera novità. La ricchezza? Indubbiamente la società umana non hai mai prodotto tante merci e tanti servizi, e il benessere odierno (soprattuutto se inteso in termini di comodità e di possibiltà) non è mai stato tanto diffuso; neanche questa però è la vera peculiarità dei nostri giorni. A ben vedere, la caratteristica che rende questo momento storico unico e incredibile è l’ingiustizia. All’apice della ricchezza gli uomini conoscono disparità nella distribuzione della ricchezza che non si sono mai viste nella storia; oggi ci sono ancora persone che muoiono di malattie curabili (e sono milioni) e altre che vivono con meno di due dollari al giorno (e sono miliardi). Cosa può succedere se le differenze si accrescono, in un momento in cui l’autoconsapevolezza delle masse è importante e decisivo? Cosa ci insegna la storia - in particolare quella dell’economia politica - al riguardo? Soprattutto: se le leggi dell’economia non sono “atti divini”, cosa si dovrebbe decidere al riguardo, affinché - tramite appunto questa inusitata ricchezza - si possa costruire un mondo più giusto per tutti?
Thomas Piketty, nel suo momumentale Il capitale nel XXI secolo (meritevolmente edito da Bompiani ad un prezzo molto contenuto), grazie a una raccolta di dati sterminata (condotta in venti Paesi), analizza gli sviluppi del nostro capitalismo liberistico globale, nel tentativo di prevederne gli sviluppi (e i rischi conseguenti). L’esperienza insegna che in periodi come il nostro, in cui la rendita del capitale supera quella della produzione, gli squilibri dovuti alla disuguaglianza possono ingigantirsi e il sistema si espone a un crollo. Insomma: quando è troppo, è troppo. Scongiurare il peggio è un imperativo (oltre che morale, ca va sans dire) politico, e chi ha tra le proprie responsabilità quella di indirizzare lo sviluppo della società, non può non porsi questo problema. Il libro di Piketty, nonostante il titolo evocativo, è tutt’altro che un libro di divulgazione comunista: si tratta di uno studio scientifico (ma accessibile a tutti) nel quale la fanno da padroni numeri, grafici, tabelle e riflessioni dati-alla-mano. Sapiente senza essere pedante (basti pensare che dal momento della sua pubblicazione in Francia, nel 2013, è stato subito bestseller, al momento tradotto in trenta lingue) è una lettura più che consigliata a chi ama i fatti (qui documentati in maniera esemplare) più che la retorica. Che assume finalmente la giusta prospettiva: studiare solo la ricchezza o solo la povertà, come se fossero due variabili indipendenti, non basta più; vanno studiate insieme, perché solo nella loro relazione può venir individuata la chiave per risolvere i problemi del pianeta (da quello sociale a quello ambientale). Un mondo più giusto è possibile; ma, prima ancora, è necessario. E urgente.
T. Piketty, Il capitale nel XXI secolo, ed. Bompiani, 2014, pp. 950, euro 22.
(«Il Caffè», 16 gennaio 2015)
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