martedì 27 gennaio 2015

Fabrizio Di Marco, Lo scorpione d’argento, ed. Rogiosi, 2014

Rogiosi
Di Davide Farina si potrebbero dire molte cose: che fa l’informatico presso un’azienda bolognese; che ha una grande passione per il cinema horror; che è fidanzato con una ragazza di nome Valentina e nel frattempo alimenta una cotta per la sua vicina di casa (be’, in fin dei conti lui e Vale si sono presi una pausa). Ma alla polizia, di fronte alla quale è seduto in questo momento, nel palazzo della questura, interessa una sola cosa: la sua presenza sul posto al momento dell’“incidente”. Said Haddad, marocchino di ventott’anni, è infatti stato ucciso durante la notte da un’auto che l’ha investito ed è fuggita via in velocità. Davide era l’unico lì in quel momento, a parte lo sventurato, s’intende; ed è quindi l’unico che possa aver realmente visto qualcosa che metta gli inquirenti sulla pista giusta. Ma lui continua a giurare di essere sotto shock e di non riuscire a ricordare nessun dettaglio saliente; del resto, si trovava lì per puro caso. Ma è veramente così? È solo per caso che il delitto si sia consumato sotto i suoi occhi? Soprattutto: riuscirà a rimanerne fuori?
Fabrizio Di Marco, insegnante quarantenne appassionato di giallo, qui alla sua seconda prova narrativa (cui si aggiungono le collaborazioni con il teatro e con riviste specializzate), scrive un giallo poliziesco ambientato a Bologna - che come tutti gli aficionado del capoluogo emiliano, preferisce ritrarre di notte - che ha a che fare con il traffico internazionale della droga e certe indagini sotto copertura che vanno al di là dell’omicidio d’apertura. L’atmosfera è tipica dei film horror, in cui il protagonista si sente minacciato tanto dai “cattivi”, che lo perseguitano, tanto dai “buoni”, cioè la polizia con la sua tempesta di sospetti e di domande: qui la paranoia può prendere il sopravvento e farti fare cose che non vorresti e non avresti mai pensato (come disarmare una ragazza con la pistola, infilandola nei pantaloni senza la sicura). Se non puoi fidarti degli amici, finisce che non puoi fidarti nemmeno di te stesso, e di quel dannato scorpione d’argento che non riesci a toglierti dalla mente… Niente male. Bella anche la copertina.


Fabrizio Di Marco, Lo scorpione d’argento, ed. Rogiosi, 2014.

(«Mangialibri», 27 gennaio 2015)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano