Janaka Jayawardana è un giovane tamil nato a Napoli nell’83 da genitori in fuga dalla guerra tra le Tigri dello Sri Lanka e la polizia singalese. Tutti qui lo conoscono come Gennaro Bibberò, anziché con il suo nome impronunciabile, perché lo hanno visto ancora in fasce; ma quello che nessuno conosce - non ancora - è l’intenzione sua e dei suoi amici e connazionali, per anni dediti allo studio e alla mappatura dei sotterranei della città: piazzarsi in dieci punti del sottosuolo e farsi saltare in aria nello stesso momento, nel tentativo - se non proprio di far sprofondare l’intera città - almeno di suscitare un gigantesco clamore nell’opinione pubblica, a memoria del genocidio dei Tamil in patria. Ma, prima di ciò, c’è il rapporto con Marisa Thiripura Sundari, le riunioni dell’“Accademia” nell’ex Teatro dell’Anticaglia, il sogno della ricostruzione della biblioteca di Jaffna distrutta dalla guerra, e quei dieci giovani che camminano con una fiala di cianuro appesa al collo, in caso di necessità…
Indubbiamente originale e ben scritto, tanto nell’ironia quanto nel dramma, questo libro merita i complimenti che ha ricevuto dalla critica, che ha parlato di un “romanzo visionario, vitale e sorprendente” e di Alessio Arena come di “uno dei più bravi e inventivi” giovani autori napoletani. Una sola piccola annotazione: l’ortografia del dialetto, in generale corretta e ben superiore alla media, indulge talvolta alla preferenza per la forma parlata (e sbagliata, come nel caso di “liggiero” di p. 151). L’attrazione della narrativa per la Napoli sotterranea è amplissimo e non nasce oggi con questo lavoro (la si ritrova ad esempio negli ultimi noir di Peppe Lanzetta e Massimo Torre, entrambi del 2014), ma qui l’ambientazione napoletano-tamil - anche se a tratti ostica nelle sue tante sfumature linguistiche e religiose - è ben riuscita e oggettivamente nuova.
A. Arena, La letteratura Tamil a Napoli, ed. Neri Pozza, 2014.
(«Mangialibri», 29 gennaio 2015)
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