I tre autori di questo interessante saggio esaminano da vicino i meccanismi della VQR (valutazione della qualità della ricerca), mettendo a nudo la fallacia dei presupposti e la lacunosità delle procedure che hanno conosciuto di prima mano, anche come membri di commissioni di valutazione. Viene fuori così, ad esempio, che in certi casi si arriva al paradosso: poiché le griglie associano un punteggio premiante alle pubblicazioni in lingua straniera, studiosi di scienze umane sottopongono all’esame dei colleghi articoli magari non eccellenti solo perché scritti in inglese; che vengono valutati poco a causa della scarsa consistenza dei contenuti. Questo accade perché si tende ad attribuire importanza universale a cose che l’hanno solo localmente: non ha importanza, per rimanere all’esempio, la lingua straniera utilizzata per le pubblicazioni in filosofia, dove la ricerca è ancora quasi esclusivamente diffusa nella lingua nazionale. Insomma: il metodo della ricerca scientifica - quello cioè di fondarsi sulle caratteristiche dell’oggetto d’indagine, che possono essere diverse e vanno esplorate caso per caso - dev’essere applicato anche al paradigma di valutazione. Speriamo quanto prima.
A. Banfi, E. Franzini, P. Galimberti, Non sparate sull’umanista. La sfida della valutazione, ed. Guerini, 2014.
(«Mangialibri», 29 gennaio 2015)
