Duro destino quello del convertito: più cerca di integrarsi nella nuova comunità, più diventa straniero, ai suoi stessi occhi - che percepiscono tutta la mancanza di sintonia con ciò che sente di essere davvero, e di essere sempre stato - a quelli degli altri come lui - che, pur impegnati nello stesso sforzo, non sono abituati a vederlo così - e a quelli di chi convertito non è, e vede quello sforzo come qualcosa di giustapposto, spesso eccessivo o innaturale, magari pieno di zelo, ma mai spontaneo. Destino simile è toccato al popolo ebraico nel corso della storia: tutti protesi a farsi assimilare dai popoli ospiti, sono stati spesso additati come malfidati, falsi nel loro tentativo di far credere di voler cambiare integrandosi, in realtà orientati a secondi fini di tornaconto personale e comunitario, quando non di sabotaggio o di alto tradimento. Non erano stati forse proprio loro, in fin dei conti, a vendere la propria identità pur di farsi accettare? Non erano stati loro a rinunciare alla loro specificità ebraica?
Amaro paradosso per un popolo che pur nelle diverse ombre - concentrate soprattutto nella parentesi contemporanea - ha dato tanto all’umanità. Zygmunt Bauman, sociologo polacco naturalizzato inglese di fama planetaria, scrive un penetrante saggio - che spazia dal pensiero di Scholem a quello di Marx, da Barth a Rosa Luxemburg, fino al nazismo e alla nascita dello Stato di Israele - sulle tappe e gli snodi di un percorso che ha portato - paradossalmente, appunto - la gente di Jahvè in una direzione completamente diversa da quella prevista. Colpa probabilmente di un’idea vetusta e contraddittoria di assimilazione, che ancor oggi pretende dall’immigrato un’accettazione della cultura ospite talmente integrale e “chimicamente pura” da implicare una rinuncia alla sua cultura d’origine. Non c’è futuro per questo orientamento: la storia raccontata in questo libro mostra, una volta di più, che l’assimilazione ha fatto il suo tempo (e ha fallito). La via d’uscita - per delle società globali e multiformi come le nostre - è l’interculturalità, armonizzazione nelle differenze: forse la cosa più difficile che esista, ma anche la più bella. Con la Postfazione di David Bidussa.
Z. Bauman, Visti di uscita e biglietti di entrata. Paradossi dell’assimilazione ebraica, ed. Giuntina, 2014, pp. 79, euro 10.
(«Mangialibri», 23 dicembre 2014)
Modulo di contatto
Etichette
aforismi
Alex Zanotelli
altrui cose
Ambiente
Bambini
Bauman
Bellet
biografia
Brunetta
Bullismo
C'è un sole che si muore
Carlo Sini
Cinema
Claudio Fava
Claudio Fracassi
ControCorrente
Daniele Sensi
Desaparecidos
Diego De Silva
Dio perverso
Dipendenze
disabilità
don Andrea Gallo
don Luigi Merola
don Paolo Farinella
e-book
Economia
Educazione
Ennio Remondino
esercito
Etica d'impresa
eventi
Facebook
Fantascienza
Filosofia
Filosofia della scienza
Foto
Fumetti
Galapagos
Geografia
Giochi
Giulietto Chiesa
Giuseppe Miserotti
Giuseppe Onufrio
Goffredo Fofi
guerra
Guerra e pace
Hegel
Heidegger
i piccoli
Idiosincrasie
Il Partito dell'Amore
il telefonino
Illich
Immigrazione
In che mondo viviamo
Incendi in Russia
Internet
L'azzardo del gioco
L'economia come la vedo io
La Chiesa che non capisco
La guerra è guerra
La piaga del nucleare
La verità cammina con noi
le cose si toccano
Letteratura
lettere
Levinas
Libertà di stampa
Linguaggio e realtà
Luciano Gallino
Luigi Zoja
Mafia
Malainformazione
manuali
Marx
Massimo Cacciari
Massimo Scalia
Massoneria
Matematica
Maurizio Torrealta
Mondo
Morin
Musica
My Last Slating
Noir&Giallo
Novità
Nucleare
Pancho Pardi
Panikkar
Paolo Scampa
Parcheggiatore abusivo
pedagogia
Pietro Barcellona
Pippo Civati
Pirateria somala
poesia
Politica
psicologia
Pubblicità
Racconti e poesie
Religione
Riccardo De Lauretis
Roberto Carboni
Scienza
Scuola
Scusi può ripetere?
Sergio Manghi
Società
sport
Stefano Santasilia
Storia
Teatro
Tecnofollie
Tonino Drago
Vincenzo Pepe
Virtù del pubblico - Vizi del privato
Vito Mancuso
War
Powered by Blogger.