venerdì 19 dicembre 2014

Ma che bel castello

Livorno, un giorno della settimana di ferragosto. Sono stato a Campiglia Marittima, paesino in altura che per valorizzare le attività locali ha organizzato la manifestazione “Attenti al borgo”, cinque giorni di musei aperti di notte, musica in piazza, spettacoli e bancarelle di ogni tipo. La cittadina si trova all’interno delle mura e non è possibile raggiungerla in auto; si parcheggia prima a valle, e un servizio di navette porta sulla rocca. Una ogni dieci minuti. Io, mia moglie e i miei due bambini (otto e dieci anni) parcheggiamo e aspettiamo; una volta giunti su, paghiamo l’ingresso e ci godiamo una gran bella serata, in un posto splendido che consiglio a tutti, specialmente d’estate quando si può gustare, appunto, sia l’organizzazione, sia la bellezza della notte.
Caserta, 8 dicembre. È il giorno dell’Immacolata, e a Limatola si chiude la settimana di eventi dedicati al celebre castello, al quale sono accorsi da tutta la Campania: alcuni miei amici sono venuti da Salerno, raccontandomi delle bellezze architettoniche da ammirare, delle degustazioni e del ricchissimo mercatino. Non posso mancare, mi dico. Mi metto in macchina con la stessa famiglia di qualche mese fa e giungiamo sul posto subito dopo pranzo. Il parcheggio costa cinque euro; mi viene in mente che a Campiglia era gratuito ma, insomma, non sarà questo a fare la differenza. Quando arriviamo la navetta è appena andata via caricando una cinquantina di persone. Un’altra ottantina è in fila davanti a noi; gli addetti al parcheggio ci dicono che ne passa una ogni venti minuti: da un rapido calcolo ci rendiamo conto che ci toccherà aspettare quaranta minuti in fila. Fa freddo e ai piccoli sarà difficile spiegare quell’attesa; ma del castello ci hanno detto troppo bene, vale la pena rischiare. Dopo venti minuti la navetta non arriva; a trenta nemmeno; e neanche a quaranta. Torniamo dai parcheggiatori - che una volta tanto non sono abusivi: «È in ritardo» ci dicono, ma questo lo sapevamo già. Però ci dicono anche un’altra cosa: sono venuti a sapere che la fila per entrare al castello è di circa un’ora e mezza. «Mi faccia capire - dico: - dopo quasi un’ora che aspetto qui mi toccherà aspettare almeno altrettanto in un’altra fila?». Ma la matematica non è un’opinione, e il suo silenzio è chiaro come una risposta. Non si sorprende quando gli chiedo di restituirmi i cinque euro, che mi riconsegna senza battere ciglio. Mi allontano con i miei ad occhi bassi, pensieroso, sperando che in quella fila che stiamo lasciando alle spalle non ci siano dei turisti. E viene in mente, con una punta di amarezza, la splendida battuta di Arbore in FF.SS., in versione limatolese: “Bello il castello. Si se putesse vedè”.

(«Il Caffè», 12 dicembre 2014)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano