Nel 2010 il «Time» ha incluso il suo nome nell’elenco delle 100 persone più influenti del mondo. Ma non è Bill Gates. Né Angela Merkel. In realtà nessuno sa chi sia. Sì, certo, si sa quello che ha fatto; ma è sempre stato visto solo con una busta di cartone sulla testa, o con la faccia immersa nell’oscurità di un cappuccio di felpa. È anonimo da almeno 20 anni e continua a dire che l’anonimato gli serve per proteggersi dalla polizia. No, non è un super-criminale; si firma Banksy, ed è originario di Bristol. La domanda - solo una delle tante, in verità - è: come ha fatto un artista di strada a cambiare non solo il volto delle nostre città, ma il nostro modo di concepire l’estetica degli spazi pubblici e perfino in certi casi la normativa sul decoro urbano?
Banksy è probabilmente lo street artist più famoso della storia. I suoi caratteristici topi hanno fatto il giro del mondo e molte sue opere - magari acquistate per caso negli anni ’90 senza alcuna velleità speculativa - vengono battute oggi all’asta per cifre a cinque zeri (in sterline, ovviamente). Al di là della bellezza intrinseca del suo genio (incantevole ad esempio la raffigurazione del soldato israeliano che, faccia al muro, viene perquisito da una bambina), Banksy verrà ricordato - come annota Will Ellsworth-Jones in questa ottima biografia (ovviamente non autorizzata) - come colui che ha portato l’arte non solo dove non era mai stata, ma dove mai avrebbero sperato che potesse arrivare. Una storia affascinante che ha il sapore della libertà e dell’effrazione (nonviolenta). Con un inserto fotografico a colori di 16 pagine.
W. Ellsworth-Jones, Banksy. L’uomo oltre il muro, ed. L’Ippocampo, 2014, pp. 350, euro 12.
(«Mangialibri», 9 novembre 2014; «Pagina3», 16 novembre 2014)
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