Si potrebbe fare un gioco: pensare al Trentino e vedere cos’è che salta in mente. Una delle regioni più belle d’Italia, certo. Il suo capoluogo ogni anno in cima alle classifiche sulla qualità della vita, anche. Un ambiente culturale tra i più fervidi, almeno quanto a filosofia, economia, ecologia. E poi gli austeri massicci alpini, le valli mozzafiato… si potrebbe continuare a lungo. Ma quello che quasi sicuramente non verrebbe mai fuori è che il Trentino non è sempre stato una terra di splendida gioia: ha invece conosciuto nel profondo della propria carne la sofferenza in un modo che il resto d’Italia probabilmente ignora. Perché giusto un secolo fa, nel 1914, quand’era ancora solo una parte della contea austriaca del Tirolo, la sua gente era divisa: con l’Impero, o con l’Italia? Arruolarsi come di precetto (con il rischio di venire spedito con l’armata austro-ungarica in Russia), o disertare (con il rischio di ritorsioni per sé e per i propri cari)? Certo è che il primo conflitto mondiale fu per i trentini una vera e propria guerra interna, dove il coinvolgimento di inermi civili era la regola…
Non a caso si è parlato, giustramente, di “martirio del Trentino”. Martirio che rischia di venir dimenticato, insieme ai tanti che - da una parte e dall’altra - hanno cercato di tenere unito un popolo e di salvare il salvabile in una situazione paradossale, nella quale anche il più audace dei volontari, pronto a imbracciare le armi sul versante italiano del fronte, poteva venir guardato col sospetto di essere infiltrato, o magari tiepido. Questo è un libro che va al di là del mero racconto di guerra, in grado di narrare le difficoltà dell’unità d’Italia in terra di confine attingendo in gran parte alle autobiografie presenti nell’Archivio della letteratura popolare. Con due inserti fotografici a colori di sedici pagine ciascuno.
Q. Antonelli, I dimenticati della Grande guerra, ed. Il Margine, 2014, pp. 300, euro 17.
(«Mangialibri», 7 novembre 2014; «Pagina3», 13 novembre 2014)
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