Volendo guardare in faccia la realtà, è innegabile che le donne (ma anche gli uomini, in parte, e in misura crescente) vivano il loro essere essenziale congiuntamente al loro apparire. Vittoria della pubblicità e del consumismo? Sconfitta del femminismo? Comunque la si voglia pensare, è un dato di fatto: e come ogni fatto incontrovertibile anche questo è motivo di riflessione - perché no - perfino filosofica, magari di quel particolare ambito speculativo che potrebbe prendere il nome di “glamoursofia”…
Debora Dolci e Francesca Gallerani scrivono un saggio snello (e come potrebbe essere altrimenti, da quando “la 40 è diventata la nuova 42”?) e godibile, che sa divertire e stimolare: da Il diavolo veste Prada con Meryl Streep a Kill Bill di Tarantino, dalla riflessione di Adorno a quella di Heidegger, assistiamo a un’opera di attualizzazione del pensiero che vuole affermare con forza - dietro un’apparenza scanzonata - il diritto delle donne ad autodeterminarsi, senza astrazioni (“le donne” intese come gruppo monolitico e indifferenziato) né parzializzazioni (secondo le regole, ad esempio, del femminismo). Comprare e indossare oggetti à la page non è un imperativo eteronomo interiorizzato, bensì un modo di appagare un desiderio che non ha a che fare solo con la frivolezza, ma anche e soprattutto con la costruzione della personalità. Chi non lo capisce, è uomo. O sta mentendo.
D. Dolci, F. Gallerani, Glamoursofia. Piccola filosofia della moda al femminile, ed. Il Melangolo, 2014, pp. 96, euro 7.
(«Filosofia e nuovi sentieri», 12 novembre 2014)
