C’è tanta ottima filosofia in questo libro di Edgar Morin, pensatore celebre per il suo monumentale trattato sul Metodo - e autore di innumerevoli opere, molte delle quali già tradotte in Italia da Erickson. Non solo una storia della morte, ma una riflessione approfondita interdisciplinarmente su questa realtà tanto unica, che a sua volta differenzia in maniera unica l’uomo dagli animali, l’individuo dalla specie, ciascuno di noi (con le proprie convinzioni e paure) da ciascun altro. Pubblicato per la prima volta nel 1950, questo studio (aggiornato dall’autore via via nel corso degli anni, fino a quest’ultima edizione) è importante e quanto mai attuale oggi - come ricorda opportunamente il curatore italiano, Riccardo Mazzeo[1], nella sua magistrale Nota introduttiva - nell’epoca della rimozione coatta della morte, sostituita dalla promessa (poco importa se illusoria) di una sempre protraibile giovinezza e di un godimento estenuato ed eternizzante. Un libro stupendo. Da non perdere.
E. Morin, L’uomo e la morte, ed. Erickson, 2014, pp. 370, euro 22. Tr. it. e cura di Riccardo Mazzeo.
[1] Che tra l’altro intervista l’autore in apertura del volume, a mo’ di Prefazione. Riccardo Mazzeo, intellettuale trentino che ha maturato il proprio spessore sulla linea di confine tra la sociologia e la letteratura, è autore di un libro a quattro mani con il celeberrimo sociologo anglopolacco Zygmunt Bauman, dal titolo Conversazioni sull’educazione (ed. Erickson); con il quale sta attualmente lavorando a una seconda opera, in preparazione per la prima metà del 2015.
(«Filosofia e nuovi sentieri», 19 ottobre 2014; «l'Altrapagina», novembre 2014)
