Non siamo perfetti, lo sappiamo bene. Eppure i cristiani hanno da sempre coltivato il sogno di compiere alla lettera l’esortazione evangelica ad essere perfetti “come il Padre che è nei cieli”. Di fatto questa si è mostrata nella storia più un’illusione che un opbiettivo semplicemente ambizioso: perché - come oggi conosciamo un po’ più nel dettaglio - tutti gli uomini ospitano in sé del buono e del cattivo, e liberarsi interamente di una di queste parti non è semplice come speravamo. Probabilmente è impossibile. Lottare contro il “lato oscuro” per annientarlo è una chimera (che tuttavia il cosiddetto “pensiero positivo” continua ad inseguire, senza successo, ma con l’effetto collaterale di costringere il soggetto a vedere il buono dappertutto, anche dove non c’è. Si potrebbe invece provare un altro metodo, più “morbido”, ma anche più profondo ed efficace: con un pizzico di leggerezza e, magari, della saggezza dell’umorismo…
Il metodo “antirrhetico” risale al cristianesimo dei primi secoli e trae il suo nome dall’opera omonima di Evagrio Pontico, “psicologo fra i primi monaci”. Nella convinzione che il muro-contro-muro finisca quasi sempre con la sconfitta del soggetto (e in ogni caso con la sua penalizzazione), esso propone non l’opposizione al desiderio, ma la sua trasformazione, il superamento attraverso un uso sapiente della Sacra Scrittura e del buon senso. Nessuna complicata regola per asceti, dunque: solo qualche “piccolo trucco” che, attraverso la parola di Dio, aiuti a venir fuori dalle tentazioni della vita di tutti i giorni (dai perniciosi spuntini fuori pasto alla disperazione per le notizie del TG). Con il consueto stile incisivo ma mai moralistico che ha reso celebre Anselm Grün, uno degli autori cristiani più noti ed amati.
A. Grün, La farmacia spirituale. Contro i pensieri tristi, ed. Messaggero Padova, 2014, pp. 76, euro 8,50.
(«Mangialibri», 19 novembre 2014; «Pagina3», 23 novembre 2014)
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