mercoledì 8 ottobre 2014

P. Churchland, L'io come cervello, ed. Raffaello Cortina, 2014

In apertura del suo ultimo L’io come cervello (ed. Raffaello Cortina) Patricia Churchland continua la sua indagine filosofica nell’ambito delle neuroscienze, argomento à la page ma, come spesso accade in questi casi, in gran parte misconosciuto, frainteso, abusato. Di fatto, con le neuroscienze tendiamo sempre un po’ a esagerare: le amiamo o le odiamo, e ci è difficile rimanere neutrali (qualche volta si assiste perfino alla difficoltà di rimanere lucidi). Perché?, si chiede l’autrice. Non è soltanto il fatto che le neuroscienze pretendano talvolta di saperne più di noi su noi stessi: a questo siamo già stati abituati dalla psicanalisi (la quale però non ha mai preteso di portarci in tribunale con delle prove “schiaccianti” a nostro carico). Un po’ forse si tratta dell’ennesima detronizzazione dell’uomo, già depauperato dall’evoluzionismo e dall’eliocentrismo. Un po’ ancora c’è la novità che esse rappresentano: le neuroscienze potrebbero effettivamente essere una nuova rivoluzione nell’ambito della conoscenza, e questo significa non solo il crollo di alcune certezze, ma anche il crollo di alcune posizioni di potere. D’altro canto - la Churchland è onesta nell’affermarlo, nonostante il suo schieramento evidente e dichiarato per questa disciplina - in parte la colpa è da attribuirsi alle neuroscienze stesse e più precisamente a quei tanti neuroscienziati che continuano a cavalcare l’onda del suo successo infarcendo la teoria genuina di slogan e piegando i risultati reali alle loro personali o collettive posizioni filosofiche: ecco che i grafici a colori di quelle lievi alterazioni dell’attività cerebrale registrate durante i processi cognitivi, diventano per loro suggelli inappellabili che il libero arbitrio non esiste, che la coscienza morale è un’illusione e ciarlatanerie di questa risma.
Come sta realmente la situazione? In verità, non ne sappiamo ancora molto; e certamente restano irrisolte alcune questioni fondamentali. Quel che è certo è che l’attività dell’uomo - sia essa razionale o inconscia o motoria - è legata a filo doppio a quella delle sue strutture materiali - il cervello, i nervi, i muscoli - e non si dà l’uno senza l’altro. Quindi la morale è nel cervello? Verrebbe da rispondere sì, nella misura in cui essa non può prescindere dal cervello per esplicarsi; per contro, sarebbe arbitrario e irrispettoso dello stato attuale della conoscenza dire che tutto ciò che l’uomo è possa essere per ciò stesso ridotto al suo cervello. Un esempio per tutti: si osserva che i ricordi cambiano parallelamente alla modificazione delle connessioni neurali del cervello; ma questo basta a dire che il cervello conservi all’interno della sua disposizione i ricordi? Se così fosse, dovrebbe poter esservi individuata la cosiddetta “traccia mnestica”, cioè il percorso delle connessioni stabilite ai fini della memorizzazione del ricordo. Ebbene, la traccia mnestica non è mai stata trovata: è dunque per ora solo un’ipotesi fra le tante. Del resto la comunità scientifica è divisa su questo punto: ci sono ancora ricercatori che sostengono la traccia mnestica non esistere affatto, e che il cervello non sia un grosso archivio della memoria, ma una specie di radio capace di sintonizzarsi sui ricordi, dislocati in un altrove che ha a che fare col passato e col futuro. Fantascienza? Può darsi, ma non più di quelle teorie che pretendono di fare dell’uomo un complesso meccanismo senza avere il minimo appiglio per sostenerlo. Siamo insomma ancora molto vicini alla celebre annotazione di Wiener, il padre della cibernetica: “Se il cervello umano fosse abbastanza semplice da poter essere compreso, noi saremmo troppo semplici per poterlo comprendere”. Non che sia un dogma, ovviamente; il futuro ce ne parlerà ancora. E in fin dei conti non è neanche vero che non abbiamo ancora scoperto niente: sono già emerse relazioni tra l’attività cerebrale e il cosiddetto comportamento morale, la coscienza e la formazione delle nostre decisioni. Vale certamente la pena di continuare a indagare. E quindi se da un lato è vero che non ne sappiamo ancora molto, è anche vero che da qualche parte bisogna pur cominciare. Il libro della Churchland è un buon punto di partenza.


P. Churchland, L'io come cervello, ed. Raffaello Cortina, 2014, pp. 306, euro 28.

(«Filosofia e nuovi sentieri», 8 ottobre 2014)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano