lunedì 1 settembre 2014

F. Dürrenmatt, Un angelo a Babilonia, ed. Marcos y Marcos, 2014

Kurrubi, essere angelico creato da Dio solo dieci minuti prima, è appena arrivata sulla terra insieme al suo angelo accompagnatore. Per la precisione, sono giunti entrambi in Babilonia, alla ricerca dell’uomo più umile della terra, al quale Kurrubi verrà data in sposa. Facile, pensa l’angelo: basterà rintracciare Akki, l’ultimo mendicante rimasto nel paese, dopo che la legislazione di Nabucodonosor ha messo fuori legge questa antica “arte”; ma le cose si rivelano presto più complicate. E non solo perché di mendicante sembra essercene più d’uno; mezza Babilonia, da quando ha visto Kurrubi, se n’è innamorata e ha cominciato a scrivere testi per lei: è la metà maschile della popolazione, mentre quella femminile urla e impreca contro di lei e vorrebbe vederla morta (o almeno altrove).
È pleonastico dire di un maestro della letteratura che ha scritto un’opera magistrale. Eppure è difficile utilizzare un altro termine per quest’opera teatrale di Friedrich Dürrenmatt, più famoso per racconti come “Il Minotauro” e per i suoi tanti “requiem per il romanzo giallo”. Un’opera che cattura subito per l’intensità della riflessione sullo stato sociale e sulla giustizia, e sul potere, profonda e leggera insieme, incastonata in una trama che diverte come la commedia classica, dai dialoghi rapidissimi e brillanti, è in più, proprio come quella, fa riflettere: il vero potere non è né quello dei re né quello del popolo, ma quello di chi riesce a mantenere intatta la proprià libertà… pagandone il prezzo.


F. Dürrenmatt, Un angelo a Babilonia, ed. Marcos y Marcos, 2014, pp. 190, euro 13.

(«Pagina3», 1 settembre 2014; «Mangialibri», 7 settembre 2014)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano