«Io voglio fare come gli altri» scrive in classe un alunno disabile per esprimere il suo ideale di una scuola pubblica uguale per tutti, non nel senso banale del termine (quella cioè di un’assurda e irrealizzabile, oltre che contro producente, proposta educativa “standard”), bensì nel senso di una scuola che riesca a tenere tutti insieme, sapendo distinguere (senza però separarle) le specificità (anche quelle più problematiche) ed offrendo una formazione che sia veramente in grado di dare a ciascun alunno ciò di cui ha bisogno.
A questo livello, “inclusività” è in certo modo sinonimo di “sostegno”. Anzi, più precisamente, le due idee si implicano a vicenda, eppure - afferma Dario Ianes, ordinario di Pedagogia e Didattica speciale all’Università di Bolzano, nel suo ultimo L’evoluzione dell’insegnante di sostegno. Verso una didattica inclusiva (ed. Erickson) - è un fatto che i 110.000 insegnanti di sostegno operanti nella scuola italiana siano in gran parte insoddisfatti.
Occorre probabilmente ripensare questa figura - senza misconoscerne i meriti giustamente accumulati negli ultimi quarant’anni, da un lato; senza cedere alla tentazione (illusoria) di poterne fare a meno, di punto in bianco, dall’altro - magari anche in maniera radicale. Ianes è convinto che una “rivoluzione del sostegno” (che non tagli gli organici e che, al contrario, preveda un forte investimento nel settore) sia oggi possibile ed anzi auspicabile, verso un’idea di inclusività che sia all’altezza delle sfide di uno scenario ben diverso da quello in cui, tante decadi fa, l’avventura dell’inclusione è iniziata.
Chiarissimo e documentatissimo, basato su un’abbondante bibliografia trilingue, L’evoluzione dell’insegnante di sostegno è un fondamentale punto di snodo per il dibattito sull’inclusione scolastica. Non solo in Italia.
D. Ianes, L’evoluzione dell’insegnante di sostegno. Verso una didattica inclusiva, ed. Erickson, 2014, pp. 160, euro 17.
(«Pagina3», 7 giugno 2014)
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