lunedì 23 giugno 2014

Che volemo fa’?

Un po’ di tempo fa (cfr. «Il Caffè», 22 febbraio 2013) augurammo al Movimento 5 Stelle di arrivare a governare e di riuscire a farlo nel migliore dei modi a vantaggio del Paese. M5S che, per inciso, non mi è mai stato molto simpatico (non è un mistero). Ora, alla luce dell’ultimo - e magro - risultato elettorale per Grillo e i suoi, riprendiamo quella riflessione e ci domandiamo: alla fine, quella volta, Grillo, dopo il grande successo elettorale… ha fatto bene, scegliendo di non entrare nel governo?
L’ho chiesto ai tanti miei amici stellati, quasi tutti ex comunisti di ferro, molti dei quali all’epoca si dichiararono delusi dalla strategia grillina del non-far-nulla-con-nessuno. Molti avrebbero auspicato un governo, seppur di compromesso, con quelli che qualche ideale lo condividevano, e con cui qualcosa di buono si sarebbe potuto fare. Si parlava del PD, ovviamente. L’idea della “purezza catara” propagandata da Grillo e Casaleggio non piacque a molti di loro; e non perché non fosse bella, ma perché la si vedeva - e a nostro avviso aggiungiamo “giustamente” - sterile, ancorché molto chiara. Se quelle delusioni che io ho incontrato tra Napoli e Caserta hanno una scala nazionale, allora abbiamo spiegato l’esito del 20% ai 5 stelle alle europee (e in tal caso io sono l’analista politico più brillante di tutta Centurano).

Un’intesa politica tra la sinistra e il M5S è possibile. A chi giova ripetere ossessivamente il contrario?

Tutto qui? Be’, quasi: perché intanto non sembra affatto poco. Io credo che si possa passare su tutte le intemperanze, sia del leader sia della base, come quella del libro di Augias dato alle fiamme, o come quella recentissima di chi ha proposto di far fuori non tanto i politici quanto i cittadini che li eleggono; ma non si può passare sopra all’immobilismo politico. La purezza va bene, in generale; ma di purezza si può morire, come ci ha ricordato brillantemente in uno dei suoi grandi romanzi Leonardo Sciascia. Subito dopo le votazioni si è levato un coro di voci che chiedevano a Renzi di tendere la mano a Grillo. Perché no?, verebbe subito da pensare. Ma certamente non è facile organizzare un incontro con chi allestisce “sputi digitali” (parole del leader M5S) in testa agli avversari. Anch’io, amici miei a 5 stelle, auspico una riflessione e una strategia comuni; ma perché questo sia possibile, bisognerà pur crearne le condizioni. Quindi, per cortesia: cominciate col piantarla di dire sempre che siete i migliori, che siete diversi, che come voi non c’è nessuno. E non solo perché questo non dispone bene al dialogo con gli altri; ma anche perché nella storia dell’umanità quelli che si sono autoeletti “i migliori” non hanno mai fatto bene a nessuno. Soprattutto, lasciate che siano gli altri a giudicare se siete davvero migliori o meno; permettete loro di farlo sulla base delle vostre azioni, non dei vostri proclami. Visto l’ultimo scrutinio mi sa che il tempo delle chiacchiere è passato; forse ora siamo a quello dei fatti. E allora, come dicono a Roma: che volemo fa’?

(«Il Caffè», 20 giugno 2014)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano