Morte di un autore, di Marija Elifërova (ed. Voland) è un’opera affabulante il cui fascino va ben oltre il thriller annunciato in copertina, scritta con sapienza da un’autrice appena trentenne (che a quattordici anni si dilettava nel tradurre Kipling ed oggi è specializzata in Letteratura inglese) e resa in italiano in un linguaggio perfettamente adeguato alla materia narrata (merito questo del traduttore italiano, Massimo Pianta).
L’intreccio parte dalla pubblicazione di un romanzo nell’Inghilterra vittoriana (siamo a Londra nel 1913) e dalla bagarre che ne segue, che vede scontrarsi le opinioni dei recensori, dei lettori e dei protagonisti della vicenda (tra cui l’autore, Alistair Mopper, e il suo misterioso amico Miroslav Eminovič).
Giocata inizialmente sulla dialettica tra la vita e la letteratura, sul mistero circa il contenuto del romanzo e sul desiderio di verità da parte dei lettori (insomma, l’autore continua a sostenere che il protagonista del suo Il boiardo Miroslav sia realmente esistente e abbia davvero commesso le atrocità descritte nel romanzo. È veramente così?), ben presto la situazione precipita: ora è Miroslav, che pretende di essere il protagonista reale delle vicende narrate, ad apparire sulla scena, lasciandosi intervistare e facendosi notare in occasioni pubbliche, per affermare al mondo la propria verità, la propria realtà, il fatto di esserci e di essere veramente colui che il romanzo di Mopper descrive con tanta minuzia. Nel primo dei tanti colpi di scena che caratterizzano l’opera di Elifërova, sarà paradossalmente il pubblico a non voler riconoscere quella realtà (forse eccessiva, forse semplicemente scomoda), a negare l’evidenza della realtà che ha finalmente sotto gli occhi: Miroslav è per la gente solo un originale, nient’affatto il non-morto che vorrebbe far credere di essere. Ciò nonostante tutti i “segni” che cerca di operare affinché la gente creda a ciò che dice; finanche la donna che crede di averlo infine smascherato e incastrato ne fraintende completamente la natura. Perché se è vero che Miroslav è un essere diverso da tutti gli altri (e quale uomo, sulla faccia della terra, non è a suo modo unico e irripetibile?), è altrettanto vero che è pur sempre un uomo: con tutte le debolezze, le eccellenze, il bisogno d’amore e la stanchezza di ciascuno di noi. Condannato a rimanere solo non per scelta né per destino, Miroslav fa infine, sulla propria pelle, la scoperta che tanta becera e inveterata mentalità scientista dei nostri giorni continua a misconoscere: che la verità non basta mostrarla né dimostrarla; la verità deve sempre essere creduta. Chi non è disposto a credere non si accontenterà di nessuna “prova” e potrà negare l’evidenza con una imperturbabile e illimitata leggiadria.
Un romanzo che rilegge il Dracula classico (la stessa struttura narrativa, basata sui trafiletti dei giornali e sui diari dei personaggi, lo rievoca), ma che accede - e con gran classe - ad almeno un secondo livello di lettura, abitato dall’angoscia del giudizio divino, dalla sofferenza per il reietto cui si nega non solo la solidarietà, ma perfino lo stesso status di “umano”, il valore e il peso della coscienza, la responsabilità, l’amore - al di là del bene e del male.
Gran finale per quest’opera già premiata in patria e che riesce a infilare il thriller nel thriller: l’autrice, filologa di professione, ha raccolto il materiale di questa storia in ambito archivistico, basandosi su una grossa quantità di fonti altamente attendibili, nell’ambito di un lavoro corale che ha coinvolto perfino il celebre Mircea Eliade. Il boiardo Miroslav potrebbe essere ancora fra noi.
M. Elifërova, Morte di un autore, ed. Voland, 2014, pp. 240, euro 15. Tr. it. di Massimo Pianta.
(«Pagina3», 19 maggio 2014)
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