mercoledì 14 maggio 2014

De rebus publicis Europaeis

Ricevo Da Emanuele Curzel, direttore del mensile trentino «Il Margine», e rilancio volentieri. Comunque la si pensi in merito alle prossime elezioni europee, la riflessione richiede questo livello di approfondimento.

I. Predica europeista ispirata dalla marca di un tosaerba

1. Il mio tosaerba si chiama “Euro”, e ovviamente all’epoca l’avevo pagato in lire. Ogni volta che lo uso mi ricordo di un periodo – quindici o venti anni fa – in cui l’Europa era l’orizzonte delle nostre speranze. La speranza di elevare stabilmente gli standard ecologici e il livello di istruzione; la speranza di aumentare la trasparenza nella gestione del potere, di lottare contro la corruzione elevata a sistema; la speranza di farla finita con la lunga stagione italica dell’indebitamento a spese di qualcun altro (di solito la generazione successiva); la speranza che Paesi che avevano attraversato una lunga e atroce fase di conflittualità potessero costruire una politica estera comune e credibile. In sintesi, ci dicevamo che l’Europa ci avrebbe costretto a essere migliori.
Per quanto la realtà abbia portato con sé una quota di delusione rispetto al sogno, io penso che l’Europa ci abbia già reso migliori (o per lo meno ci abbia impedito di peggiorare). E se l’Europa è stata – e io penso continui ad essere – “uno spazio privilegiato della speranza umana” (come dicono le ultime parole del Preambolo della sua Costituzione del 2004, poi sciaguratamente abbandonata), è inevitabile che ad essa si contrappongano quegli elementi deteriori della politica italiana che – insofferenti alle regole e privi di ogni senso di responsabilità – non vogliono morire.
D’altronde sappiamo che almeno nell’ultimo ventennio siamo stati governati o pesantemente condizionati da persone che dovevano la loro ascesa e la loro posizione alla Mafia e alla ‘Ndrangheta (questi non sono cattivi pensieri o giudizi storici, sono risultanze processuali).

2. Dunque: sì all’Europa, sì alla prosecuzione del “percorso di civiltà, di progresso e di prosperità per il bene dei suoi abitanti, compresi i più deboli e bisognosi” (è ancora il Preambolo del 2004); e sì alla partecipazione alla sua vita e al suo miglioramento da protagonisti, non per fare i furbi e portare a casa il bottino, come qualcuno invece teorizza e pratica. Un’Europa della Tobin Tax, della tassazione delle rendite e non del lavoro (una tassazione fortemente progressiva, non quella “appiattita” che abbiamo visto in Italia negli ultimi anni), della difesa del Welfare State. Se c’è bisogno di cambiare l’Unione Europea è per renderla più forte, non per distruggerla (a chi propone di uscire dall’Euro ricordo che ciò non è affatto impossibile: è semplicemente criminale).

3. Mi si potrà dire che si tratta di un’impostazione semplicistica e ingenua. Che le pulsioni che oggi attraversano la società non accettano risposte così “astratte”. Vediamo vittimismo e rancore come sentimenti obbligatori, disconoscimento dell’esistenza della sfera pubblica, parcellizzazione della società e arroccamento in difesa di qualunque interesse particolare (persino nelle componenti che dovrebbero essere pubbliche per definizione, e penso ai poliziotti che difendono i loro colleghi condannati per aver ammazzato di botte qualcuno), trionfo della ego-bio-latria (dopo anni passati a dire che la Vita è Dio – ne ho scritto su “Il Margine”, n. 10/2010 – era ovvio che qualcuno si dicesse: “anche la mia vita è Dio, e dunque io sono Dio”). Vediamo il rifiuto non solo dei “politici” ma persino della politica in quanto tale. Tornano allora alla mente le parole di Stephen Raushenbush, che nel 1939 scrisse: «A un droghiere tedesco, che era abbastanza disposto a spiegare certe cose a un ospite americano, parlai della nostra sensazione che, nel rinunciare alla libertà, si fosse rinunciato a qualcosa di inestimabile. Egli rispose: “Ma voi non capite affatto come sta la cosa. Prima di questo dovevamo preoccuparci delle elezioni, dei partiti, e di votare. Avevamo delle responsabilità. Ma ora non abbiamo più niente di tutto ciò. Ora siamo liberi”». Per qualche decennio ci siamo chiesti come fu possibile che i tedeschi si siano sentiti “liberi” perché non dovevano più votare. Ora lo sappiamo.

4. Non vorrei passare per catastrofista a senso unico: penso che buona parte di questi atteggiamenti siano conseguenze di grandi mutamenti, da leggere non necessariamente in modo negativo. La crescita della popolazione non può continuare indefinitamente, e il nostro mondo sta subendo le inedite conseguenze dell’interruzione brusca del ciclo di crescita. I nostri invecchiati paesi stanno subendo una redistribuzione delle risorse a livello mondiale, in modalità che solo alcuni utopisti immaginavano potessero essere pacifiche. Ci sono avvisaglie della crisi ecologica mondiale che ci invitano a prendere sul serio il problema. Come a dire che non tutta la pioggia che sta cadendo viene a devastare la terra. Ma per trovare un po’ di asciutto, qualcuno pensa davvero che ci siano soluzioni migliori della tettoia europea?


II. Invettiva antigrillista ispirata da Roger Waters

5. Molti diffidano di Renzi perché – dicono – “è come Berlusconi” (lo dice pure Berlusconi), nel senso che non è legato a determinati ideali e principi della sinistra storica, cavalca in modo sbrigativo e persino sprezzante pulsioni “populiste” ben diffuse, ha assorbito e adottato un certo stile retorico semplificato che appartiene alla nostra storia recente, e non alla migliore. A chi spera nel suo fallimento io vorrei però ricordare che per vent’anni non abbiamo combattuto un brillante affabulatore ma un impero economico costruito in modo per lo meno opaco (e probabilmente mafioso), mantenuto grazie all’appoggio della peggiore politica ladrona, rivolto al controllo capillare del sistema radiotelevisivo ed editoriale (per il tramite del controllo del mercato pubblicitario). Davvero Renzi somiglierebbe a Berlusconi?

6. Qualche mese fa pensavo (e scrivevo) che Renzi avrebbe deluso. Il momento della delusione, per quanto mi riguarda, non è ancora giunto. E non vedo perché dovrei sperare che ci deluda adesso. Non starò a fare il difensore d’ufficio di ogni cosa egli abbia scelto di fare (o detto di voler fare) negli ultimi mesi. Annoto solo che siamo vicini al cambiamento di un’orrida legge elettorale, voluta nel 2005 da Berlusconi e dalla Lega allo scopo di rendere del tutto opaco il meccanismo di formazione del governo e sostanzialmente inutile il voto popolare: chi sbraita di fronte all’Italicum non ha capito qual è l’anima nera del Porcellum (se la Corte l’avesse dichiarato incostituzionale un po’ prima la Storia sarebbe stata molto diversa). Annoto che non siamo mai stati tanto vicini alla fine del bicameralismo perfetto, dopo trent’anni di inutili tentativi. Annoto che determinate proposte (ne cito qualcuna: la riduzione del numero degli F35, l’aumento della tassazione delle rendite finanziarie, la nascita di un servizio civile nazionale…) tornano a far capolino all’orizzonte. Io non avrei fatto tutto questo alleandomi con il Pregiudicato. Ma se Renzi ci riuscirà, se Renzi ci riesce, non posso che prenderne atto.

7. Beppe Grillo, dopo aver salvato Berlusconi dalla marginalità politica e aver lasciato Napolitano al suo posto (i pentastellati avrebbero potuto facilmente evitare l’una e l’altra cosa, ma non l’hanno fatto), continua nell’opera di semina dell’infantilismo politico (già avviata da Berlusconi e Lega), ottenendo grandi raccolti (per quanto mi riguarda considererò una vittoria il risultato elettorale europeo che darà al PD 1 voto in più del M5S: UNO). Rimane e fa rimanere i suoi in quella fase della vita in cui tutto pare dovuto: anche fare sette gol al Maracanà, come ebbi a scrivere l’anno scorso sul Margine. Dispone di un grande potere, ma non ha alcuna intenzione di farne uso, se non per accrescere tale potere. Quando la potenza si tradurrà in atto potrà succedere qualunque cosa. Il “delirio da palcoscenico” che coglie chi viene acclamato dalle folle può avere anche esiti totalitari, come aveva intuito Roger Waters in The Wall (intendo scrivere sul tema su uno dei prossimi numeri del Margine). “Esci da questo blog!” gli urlò Renzi durante le “consultazioni”. Non ci resta che invocare, cantando con Waters e tutti i Pink Floyd, “Tear down the wall”.

8. Guardo con simpatia alla “Lista Tsipras” e riconosco che tra i suoi candidati ci sono persone di grande valore. È una scommessa coraggiosa che, per quanto politicamente poco compatibile con il PD di oggi (in qualche misura è nata contro di esso), condivide con il PD una prospettiva convintamente europeista. Spero che superi la soglia del 4% che la legge elettorale ha previsto per evitare la proliferazione di liste e partiti di dimensioni poco più che personali. Si può contestare l’esistenza di tale soglia, ma se “Tsipras” non riuscirà a superarla si dovrà ammettere che quella composita galassia di sigle e gruppi non ha un radicamento politico significativo (e ciò accadrà per la terza volta, dopo i deludenti risultati dell’area a sinistra del PD nel 2008 e nel 2013). Se così dovesse essere, spero che i tanti amici e compagni che si spendono in quell’area prendano atto che proposte “radicali” non trovano riscontri significativi nell’urna; spero che continueranno nel loro impegno culturale e sociale, ma lasciando i meccanismi della rappresentanza politica alle proprie logiche, che spesso chiedono di scegliere il “meno peggio”.


III. Dichiarazione di voto senza fronzoli particolari

9. Voterò per il Partito Democratico, e spero che lo faccia anche chi coltiva legittimi dubbi circa l’attuale dirigenza del governo e del partito. Chi proprio non se la sente non si rifugi nell’astensionismo (inutile nel breve periodo e pericoloso a lunga scadenza) o nell’infantilismo politico (vedi sopra), ma faccia una scelta diversa nell’ambito dei partiti europeisti che hanno ragionevoli possibilità di raggiungere la soglia del 4% (alla luce di questo dato trovo insensata la presentazione di una lista dei Verdi).
Ricordo che si possono dare tre preziosi voti di preferenza (NON dello stesso sesso): nella circoscrizione Nord-est segnalo (per conoscenza diretta del suo valore) la candidatura di Andrea Pradi. So che in Trentino si è costruito anche un asse preferenziale con la friulana Isabella De Monte. Mi ha fatto una buona impressione anche Flavio Zanonato. Spero che venga eletta Cecilie Kienge. E con questo c'è già l'imbarazzo della scelta.

Se siete arrivati fin qui, grazie dell’attenzione
Emanuele Curzel

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano