lunedì 26 maggio 2014

Cartolina da Napoli

Ormai vado a Napoli così tanto di rado che mi ci sento un turista. Non è una brutta sensazione. Dipende anche da cosa ti capita per strada. L’ultima volta ci sono stato a Pasquetta, a festeggiare con i miei e a vedere la mostra di Andy Warhol al P.A.N. (Palazzo delle Arti Napoli) di via dei Mille.
In un caso come questo, dove cioè ci sarebbe tanto da dire, devi decidere subito su cosa sorvolare e su cosa invece concentrarti: decidiamo subito di sorvolare sulla sporcizia in città (che, sappiamo bene, non è prerogativa del capoluogo), che ti costringe a perderti metà della bellezza dei luoghi costringendoti con lo sguardo al pavimento del marciapiede; sorvoliamo anche sul quarantenne che scavalca con una battuta incomprensibile i varchi della metropolitana, con un salto alla Castelnuovo nella vecchia pubblicità dell’olio Cuore.
Di cosa parliamo allora? Intanto di una corsa della metropolitana (la vecchia linea, quella di piazza Amedeo) talmente affollata che, con i bambini, optiamo per la successiva; anch’essa strapiena e per giunta senza maniglie - né ai sedili né al soffitto - per reggersi. All’esterno del P.A.N. c’è una fila di oltre un centinaio metri dall’ingresso, per un tempo stimato d’attesa di un paio d’ore. Che un po’ si spiega con il grande amore dei napoletani per la cultura (anche incentivato dal periodo che Warhol passò a Napoli, che gli ispirò celebri opere come il Vesuvio eruttante, “Fate presto”, o i tanti ritratti della borghesia intellettuale partenopea di quegli anni); ma in sostanza si spiega col fatto che si entra a dieci alla volta e che alla biglietteria c’è una sola persona, assegnata a staccare i singoli ticket in base alle esigenze di ciascuno (esistono 5 tipologie di biglietto: intero - ridotto insegnanti e pensionati - ridotto studenti - ridotto ragazzi e disabili - ridotto famiglia): mettici il controllo dei vari tesserini per gli ingressi omaggio e la mancanza di monetine per il resto, e capisci che molta di quella gente in fila, con ogni probabilità, sta ancora aspettando di entrare.
La mostra è bellissima e il catalogo vale i 29 euro che costa. Fuori, i famosi negozi d’alta moda: davanti a una vetrina con borsa da 1.600 euro e gonna da 1.200, un passante commenta: “Poi si vantano di dividere gli utili con i loro operai. Con questi prezzi saprei farlo anch’io”. In effetti è un po’ come rubare ai ricchi per dare ai poveri. Continuo a passeggiare per la splendida via Chiaia e per l’amata via Toledo, dove entriamo in quella che è stata definita “la stazione della metropolitana più bella del mondo”. Consiglio a tutti di andarla a vedere: sembra davvero di scendere in fondo al mare. Il resto è qualche questuante, uomini e donne sospesi a mezz’aria (tranquilli, c’è il trucco) che fanno la foto con i passanti, un trio che suona il jazz e incanta grandi e piccoli.
Che dire, infine? Napoli è proprio una città fantastica, non c’è dubbio. Parola di turista.

(«Il Caffè», 23 maggio 2014)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano