Più di un fumetto sul “caso Ruby”. Più di un resoconto. E più di un documento: Ruby. Sesso e potere ad Arcore, di Gianni Barbacetto e Manuela D’Alessandro (ed. Round Robin, disegni di Luca Ferrara) è una graphic novel basata sugli atti giudiziari dello scandalo politico più famoso a livello planetario degli ultimi anni, la cui fedeltà alla cronaca arriva a riportare nel testo i brani delle conversazioni telefoniche registrati, senza omettere gli errori della trascrizione originale.
Uno scandalo arcinoto, certo. Ma di cui val la pena riparlare, perché in Italia tutto si dimentica troppo in fretta. Val la pena tenere a mente la gigantesca macchina messa in moto per tenere in piedi quell’aberrante reality, ad uso di un solo uomo, svoltosi pochi anni fa in un sotterraneo della villa di Arcore di Silvio Berlusconi, in cui ragazzine d’ogni età e provenienza si sfidavano in un XXX Factor, privato e a luci rosse, a colpi di sculettamenti, denudamenti, palpeggiamenti. Con l’obiettivo di uscire dall’anonimato approdando magari alla TV; o almeno di raggranellare i 500 euro che l’imperatore, generosamente, elargiva alla fine di ogni serata.
Per non dimenticare che, accanto all’abietto, c’è stato anche l’orrido (e tanto; che come spesso capita, si trova a confinare col ridicolo): un Presidente del Consiglio che telefona al questore in piena notte, dall’estero, per chiedere il rilascio immediato di una ragazzina sconosciuta ai più (ma non a lui, evidentemente); tanti testimoni scomodi stipendiati a 2.500 euro al mese (colpa della magistratura - rispondono gli avvocati, che accusano Berlusconi di aver voluto così cucire quelle bocche - che ha lasciato quelle povere ragazze senza la possibilità di un lavoro); più di cento parlamentari che assaltano il Palazzo di giustizia per riaffermare che il loro capo è al di sopra di ogni legge.
Nei disegni che viene da scorrere d’un fiato i fatti raccontati (nel dettaglio dell’ampio apparato documentario che costituisce la seonda parte del volume) prendono corpo, le intenzioni si fanno più chiare, tutto sembra infine, in qualche modo, comprensibile. Ed è qualcosa di importante. Perché è importante comprendere, almeno così continuiamo a credere, in che modo l’Italia, agli occhi del mondo, sia passata dall’essere il Paese della Gioconda al Paese del bunga-bunga.
(«Il Caffè», 25 aprile 2014)
sabato 26 aprile 2014
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