sabato 8 giugno 2013
Caro ebook
Non contento di aver tediato i lettori per settimane con le mie considerazioni sugli ebook (quasi mai positive), sono stato colto da rimorso: e se il mio punto di vista fosse troppo unilaterale? Se fosse eccessivo, a fronte di un fenomeno (quello degli ebook, appunto), che pare prendere sempre più piede nel mondo occidentale, perfino in Italia? Allora ho pensato di intervistare quelli che ne sanno di più sull’argomento: gli editori, ponendo le stesse domande a due di essi, uno favorevole e l’altro contrario. L’intervista è leggibile per intero in questo blog. Qui vorrei sintetizzare alcune delle conclusioni cui sono giunto subito dopo, soprattutto quegli aspetti che, alla fin fine, vedono tutti d’accordo.
Intanto è stato un problema trovare un editore apertamente contrario agli ebook: sugli oltre cento consultati, la quasi totalità andava dai pazzamente entusiasti ai possibilisti, passando per i pionieri (“ma se noi siamo stati tra i primi in Italia a...”) e i fatalisti (“è il mercato che lo vuole, ci stiamo già adeguando”). Comunque, la prima cosa su cui entrambi gli editori intervistati (E-Text e Progedit) sono d’accordo è che il libro digitale si affermerà in ogni caso, perché è più economico, più immediato, più in linea con le tendenze di quest’epoca (che hanno a che fare poco con la lettura, e molto di più col fatto che tendiamo ad accentrare tutte le nostre attività più o meno intellettuali nei dispositivi elettronici mobili: informarci, consultare la posta ecc.).
La seconda questione è (a sorpresa, almeno per me) quella del prezzo: di fronte a una retorica per la quale gli ebook saranno prodotti all’insegna del risparmio (economico, energetico ecc.), il quale permetterà una maggior diffusione della cultura e via di questo passo, i due editori hanno dichiarato candidamente che i prezzi diminuiranno ben poco: un po’ perché la stampa è soltanto l’ultimo anello di una produzione che attraversa molte fasi, ciascuna delle quali ha un costo che rimane pressoché invariato (acquisto dei diritti originali; traduzione; copertina e impaginazione; diritti d’autore); un po’ perché gli editori hanno già fiutato l’affare e faranno di tutto per mantenere i prezzi allo standard attuale.
Terzo: la stampa ovviamente non scomparirà, i libri di carta sopravviveranno al fianco dei loro compagni immateriali, e diventeranno qualcosa di sempre più raffinato e in certo modo d’élite (si stamperanno insomma solo testi di un livello di specializzazione medio-alto, o in ogni caso solo quelli con un elevato contenuto grafico di alta qualità).
Un’ultima considerazione (prima di aggiungere, immancabilmente, la mia: proprio non ce la faccio a trattenermi): a detta degli editori intervistati, la lettura cartacea e quella tradizionale... non sono affatto la stessa cosa. Sembra banale, ma non è così: i fan dell’elettronico continuano a dire che cambia il supporto (la forma) ma non il contenuto (la sostanza). Invece pare che siamo di fronte a due cose diverse davvero: Kafka non fa lo stesso effetto sull’iPad. Ma aggiungo subito la mia, una volta tanto spezzando una lancia in senso opposto: una cosa che la carta non potrà mai offrire è il piacere di leggere un noir scandinavo completamente al buio, con la modalità “notte” impostata (schermo nero, caratteri bianchi). Tutti dormono, luci spente, silenzio totale: tu, che nemmeno riesci a vedere le tue stesse mani, leggi. Si sente uno scricchiolio, una porta vacilla: ma non è a Caserta, è molto lontano, in un Paese freddo dall’aria secca e tagliente. Scusatemi, devo andare. Qualcuno potrebbe essere in pericolo.
(«Il Caffè», 7 giugno 2012)
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