A giudicare dagli umori e dai discorsi che sento fare intorno a me in questi ultimi giorni prima del voto, sembra che alle elezioni si debba decidere semplicemente se andare a votare M5S o non votare affatto. Premetto che Grillo non mi è antipatico né simpatico; nutro tuttavia l'ovvia speranza che il suo movimento possa operare bene in Parlamento come pare stia facendo in quelle realtà locali in cui è già riuscito a insediarsi, tanto al Nord quanto al Sud. Oggi però, più che di Grillo, mi piacerebbe parlare di quelli con cui mi sono trovato a confrontarmi ultimamente, in buona parte si tratta di delusi dalla sinistra che conosciamo, con i suoi piccoli e grandi scandali, ripescamenti e dubbi ideologici. Molti dicono che M5S è un “voto di protesta”, ma sono convinto che questo non basti a sceglierlo: c’è già un’altra lista che si presenta con questo vessillo, i cui manifesti campeggiano in bella mostra a Caserta e la cui recisa intenzione di eliminare i fossi a via Marina (Napoli) potrebbe sembrare a qualcuno più appetibile e ormai meno distante del secco no al nucleare di Grillo al referendum. Alcuni, probabilmente quelli che conoscono meno bene il programma, dicono che il Movimento 5 Stelle non va in Parlamento tanto per fare quanto per non far fare certe cose agli altri: la parola d'ordine oggi è entrare in tutte le commissioni parlamentari per “fare le pulci” ai deputati, mettendo tutto online e “mostrando all’Italia le schifezze che ci sono nella politica” (da cui il meritato appellativo di “antipolitica”). Altri insistono al contrario proprio sul fare, termine che però può dire molte cose e viene invocato ad esempio anche dalla lista di Giannino - quando lo faccio notare ai “grillisti” l’esito varia dalla risatina generica a “Chi è Giannino?”; poi si gira la testa, si cambia discorso.
Il Movimento 5 Stelle divide gli italiani. Non senza qualche rischio
Al di là di tutto io vedo nell’M5S un unico grosso rischio (poi, ripeto: spero che lavori bene): quello che la gente vi si appassioni soltanto perché vede tante persone estranee agli ambienti tradizionali della politica muoversi e darsi da fare, creando e diffondendo slogan efficaci e mettendosi dalla parte del popolo con il classico schema “noi contro di loro” (della serie: “aumentiamo le pensioni riducendo gli stipendi dei politici”). E non perché dissenta nel merito: riduzione degli emolumenti agli straricchi e aumento di quelli ai poverissimi son cose che possono certamente andare di pari passo. La mia paura nasce quando la gente si appassiona al modo di operare più che al contenuto dell'azione politica: lì si crea lo spazio per una delega incondizionata del tipo “facciano quello che vogliono perché facciano bene” (quella con la quale a tutt'oggi si cerca ancora di assolvere Mussolini) o ancora “per fare le cose giuste che hanno in mente qualche testa deve pur cadere” (à la Robespierre). Non dimentichiamoci (questo si dica da un punto di vista storiografico, senza la pretesa di fare paragoni fuori luogo e tecnicamente impossibili) che il nazismo è nato così (come ci ha raccontato esemplarmente W.S. Allen in Come si diventa nazisti, ed. Einaudi), quando la gente ha cominciato a dare credito e seguito ai nazionalsocialisti perché era bello vedere tutti quei giovanottoni darsi da fare dal mattino alla sera in maniera spassionata per il bene della nazione, a fronte di una politica immobile e supina. Il resto lo sappiamo. In effetti ho in generale paura più della gente che di una eventuale e improbabile deriva dei grillini: ho un po’ paura di quella gente infervorata dall'ultimo discorso di Beppe (ce n’è uno al giorno), che è in grado di sciorinarti fatti e cifre per interi quarti d'ora senza lasciarti rispondere una sola parola (e non perché ti lascino a bocca aperta; ma perché non ti danno nessuna possibilità di replicare). Da raccontare ce l'hanno lunga, questo è chiaro. Resta da vedere se i nuovi eletti, una volta in Parlamento, sapranno anche ascoltare.
(«Il Caffè», 22 febbraio 2013)
Paolo Calabrò
Filosofia e Noir
Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano