lunedì 5 novembre 2012

M. Ghilardi, Arte e pensiero in Giappone, ed. Mimesis, 2012

Per parlare della qualità di un libro come Arte e pensiero in Giappone di Marcello Ghilardi (ed. Mimesis, 2012) si potrebbero seguire diverse strade. Si potrebbe ad esempio cominciare dall’autore, definendolo uno studioso appassionato e di talento, giovane ma già con vari volumi al suo attivo; si potrebbe citare un passaggio brillante del testo e di lì illustrare l’originalità e la pregnanza della trattazione; magari si potrebbe evidenziare che i libri della collana “Filosofie”, diretta da Pierre Dalla Vigna e Luca Taddio, sono sottoposti a un processo di peer-review, che ne certifica la serietà.

Sarebbero tutte cose vere; eppure, ciò che più salta all’occhio durante la lettura è la capacità di innescare un “circolo vitale” (per usare l’espressione panikkariana) in cui la comprensione dell’alterità è stimolo per la pratica dell’incontro, e questo è a sua volta occasione di approfondimento della comprensione. Qualcosa di tipico dell’impostazione interculturale, certo, ma che Ghilardi è in grado di mostrare e non semplicemente di affermare, per di più su un terreno difficile come quello dell’arte giapponese (che l’autore ha avuto modo di apprezzare da vicino nei suoi viaggi in Giappone, e di prima mano nella sua esperienza artistica) e del suo rapporto con il corpo (fulcro e potremmo dire ossessione del discorso occidentale odierno).
Tanti gli spunti offerti da Ghilardi: come l’unità di teoria e prassi nell’apprendimento (che avviene sempre in un rapporto personale tra il maestro e l’allievo, in un passaggio “da mente a mente” e “da cuore a cuore”), a differenza della nostra idea di trasmissione oggettiva e universale dei contenuti; dove apprendiamo che «gli antichi trattati giapponesi di poetica non si erano concentrati sull’elaborazione di categorie come quelle di bello, sublime, grazioso, tragico, privilegiando altre nozioni, come quella del ‘naturale’, ‘spontaneo (shizen), o del ‘misterioso’ e ‘profondo’ (yugen)» e che, di conseguenza, le categorie estetiche interculturali vanno riviste (per non rimanere fermi alla sovrapposizione platonica - e scientifica - tra il Bello e il Vero).
Un libro scritto con acribia filologica (cfr. il glossario finale dei termini e degli ideogrammi giapponesi) e con una autentica passione per la conoscenza. Decisamente un buon lavoro.

(«CIRPIT REVIEW», marzo 2012)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano