lunedì 9 luglio 2012

La piaga del nucleare/13. La sindrome giapponese

8 giugno 2012. Da un mese (4 maggio) il Giappone ha spento tutti i suoi reattori nucleari in seguito alla tragedia di Fukushima di un anno fa. Quand’ecco che il primo ministro Yoshihiko Noda dichiara che è necessario riaprirne due (l’ordine è stato impartito il 18 giugno). In cosa consiste la “necessità”? Nella salvaguardia di una maggiore sicurezza? In una sopravvenuta, imprevedibile e improcrastinabile urgenza? Né l’una né l’altra. Lo stato di necessità è stato dichiarato sulla base dell’esigenza di “salvaguardare lo stile di vita dei cittadini”. Cioè, all’avvicinarsi dell’estate, l’esigenza di accendere i condizionatori dalla mattina alla sera.
Poi diciamo che i nostri politici sono scemi. Non che non lo siano, intendiamoci; ma il punto è che forse c’è qualcosa di più. Forse quella del Giappone e del suo illuminato esponente è una tendenza globale.
Quella tendenza che Serge Latouche, il celebre economista della “decrescita felice” (di cui abbiamo parlato diverse volte), stigmatizza nell’affermare che la situazione ambientale e climatica è tanto grave «perché le persone si preoccupano più del livello del loro benessere che di quello degli oceani». È sempre la stessa storia: non è che abbiamo bisogno di energia; semplicemente, la vogliamo. E per averla siamo disposti a ingoiare qualsiasi cosa: perfino i rapporti tecnici della Kansai Electric Power Company, che gestisce i due impianti e ne attesta “la piena sicurezza” (non ricorda anche a voi qualcosa? Quei rapporti forniti un annetto fa da un’altra azienda giapponese: la TEPCO?).

Siamo determinati a compiere ulteriori sforzi per ripristinare la fiducia della gente nella politica e nella sicurezza nucleare.
Yoshihiko Noda, premier giapponese

Poteva essere l’occasione per spiegare ai cittadini giapponesi (e così al mondo intero) che, poiché non vogliamo il nucleare (e dobbiamo onestamente ammettere di non disporre al momento di altre fonti in grado di produrre la stessa quantità di energia), ebbene, vogliamo cominciare ad abituarci a vivere con meno energia. (A Caserta, appena dopo la dichiarazione di dissesto, abbiamo vissuto per mesi nella semioscurità, e nessuno ha fiatato; qui, di fronte a un problema, come dire, un po’ più serio - quello della vita e della morte - sembra che non si possa rinunciare allo stile di vita). Poteva essere un’occasione storica, per un discorso originale e pregnante, se non addirittura rivoluzionario. Invece, la solita (triste) cosa. A volte penso che hanno proprio ragione i filosofi a dire che l’inerzia della mente è superiore a quella della materia.
Non ci resta che constatare una volta di più quanto sia forte il legame fra la politica e l’economia nucleare: il nucleare giapponese riparte “per evitare che la penuria di energia possa ripercuotersi sull’intera economia facendola collassare”. C’è ancora qualcuno che crede a queste stupidaggini? In Giappone sono almeno in 7 milioni a non crederci: hanno raccolto le firme e le hanno presentate a Noda. Ma la lobby ha vinto. Verrà il turno dei popoli. Ma forse non saremo noi a farne la cronaca.

(«Il Caffè», 6 luglio 2012)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano