
È infatti proprio nell’ambito della tecnologica e dei rischi da essa implicati che l’interrogativo sulla morale della scienza diventa imperativo e urgente (argomento del saggio di Longo): se la scienza - che ha i mezzi per decidere l’accettabilità dei rischi di certe ricerche e applicazioni - non si dota autonomamente di proprie linee di condotta, nessun altro sarà in grado di farlo: e certamente non lo farà il capitale che finanzia l’innovazione, il cui obiettivo non è il bene dell’uomo ma il successo commerciale. Le scelte etiche non possono venir delegate né in alcun modo evitate, pur sapendo bene che si tratta di un terreno minato e ricco di ambiguità (Negrotti).
Al di fuori di ogni retorica oscurantista o scientista, il libro ripropone la questione dell’importanza di una scienza che sia veramente per l’uomo (e non, vanamente, “per se stessa”, “per il progresso”o “per il profitto”), dove la conoscenza perde la sua connotazione di dominio per recuperare la dimensione dell’armonia fra tutto ciò che è. Un ben orchestrato coro di riflessioni che non temono il confronto con la robotica, la cibernetica, le neuroscienze, la teologia. Con una lucida e intensa Prefazione (non firmata).
Il volume, patrocinato dal Comune di Forlì e dall’Associazione Francesco Barone, è pubblicato con il contributo della Cassa di Risparmio di Ravenna e della Cassa dei risparmi di Forlì.
P. Barrotta, G.D. Longo, M. Negrotti (a cura di), Scienza, tecnologia e valori morali. Quale futuro?, ed. Armando, 2011, pp. 225, euro 18.
(«Pagina3», 5 luglio 2012)
