È vero che il nuovo assoluto non esiste; così che gran parte del lavoro e del merito di chi al nuovo si candida consiste nel raccogliere il testimone di chi lo ha preceduto e nel rigenerarne l'eredità, rendendola attuale. Tuttavia il ricombinare vecchi elementi in un miscuglio qualsiasi non basta a creare la novità: l'esito è magari gradevole ma di qui a potersi definire originale ce ne corre.
Si potrebbe sintetizzare in questa riflessione l’ultimo disco dei Kasabian in studio, Velociraptor! (2011; nel 2012 è uscito un doppio live con DVD), nel quale la band inglese propone una sequenza di canzoni il cui registro musicale e sonoro varia da brano a brano, andando dal ballabile ritmato à la That petrol emotion al riff in stile Soundgarden, dal melodico nostalgico che ricorda gli Easterhouse al cantato dissonante del primo disco di Alan Parsons. Tuttavia i richiami non finiscono qui e sembra di ascoltare ora la chitarra di The Edge, ora la sintesi elettronica dei Depeche mode, perfino la base di un videogioco (a un certo punto ero convinto di star ascoltando la sigla di Tekken3).
Se a ciò si aggiunge che un brano su due lascia il tempo che trova (a partire purtroppo proprio da quello che dà il titolo all'album), viene ben presto da domandarsi se lo si riascolterebbe volentieri. Conclusione: un brutto disco? Tutt'altro: un ascolto piacevole e un intrattenimento vivace; dove al contempo però si è continuamente pungolati dalla sensazione fastidiosa del ritrito (che quasi impedisce di concentrarsi sulla musica, inducendo a domandarsi: “dove l’ho già sentito?”). Un disco insomma buono per la radio ma non certo per la propria collezione personale. Se proprio volete salvarne qualcosa, riprogrammate Acid Turkish Bath (Shelter from the Storm) e Re-Wired. Poi passate oltre. Il rock vi attende.
(«Pagina3», 2 luglio 2012)
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