lunedì 1 agosto 2011

Dove le cose si toccano

di Elena Maffeis, giugno 2011

Nell’incipit del suo ultimo saggio, Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne, (Edizioni Diabasis, Reggio Emilia 2011, pp. 150, euro 15,00), Paolo Calabrò ricorda grato una passeggiata compiuta sottobraccio al Filosofo per le vie di Città di Castello, una decina di anni fa. In quell’occasione conobbi entrambi, visto che ero a mia volta all’altro braccio di Panikkar. Nonostante quell’incontro cadesse a conclusione di un impegnativo convegno, il nostro Ospite manifestava ancora energia, disponibilità ed entusiasmo nel rispondere ai nostri interrogativi; perché, come ci disse sorridendo, “ci si può negare a molte persone, ma mai ai giovani che portano domande!”.
Questo era Raimon Panikkar. Questo era
l’effetto che suscitava l’incontro con lui, con il suo pensiero e il suo stile di vita. Per entrambi i giovani di allora, questi dieci anni sono stati intessuti di riflessione, animati dal desiderio mai sopito di approfondire: a livello personale, questo ha significato anche concludere con soddisfazione un ciclo universitario con una tesi su alcuni suoi temi centrali, quali la tecnocrazia e l’inter-indipendenza; per Calabrò la fecondità è stata ancora maggiore, come testimonia la sua pubblicistica. Le cose si toccano, dunque; e con questo retroterra non potevo che accettare di buon grado l’invito a stenderne questa breve presentazione.
Il lavoro nasce dal desiderio di dimostrare la compatibilità tra la metafisica del Filosofo e le scienze moderne, con particolare riferimento alla fisica quantistica. In tal modo, l’Autore intende contribuire a liberare l’opera di Panikkar “dall’impressione di esoterismo che può dare in superficie la sua originalità”, quasi la sua figura si risolvesse in una sorta di “erudito dai modi orientaleggianti”. Al contempo, Calabrò contribuisce anche a smontare la visione di oggettività e di universalità che spesso le scienze offrono di sé agli occhi dei non specialisti.
Nel testo, come si evince dalla ricchezza dell’indice, l’Autore affronta molti temi centrali della filosofia di Panikkar, mettendoli a confronto con il pensiero di affermati scienziati – da Einstein a Larson, da Zichichi a Heisenberg, per citarne soltanto alcuni – giungendo ad evidenziare i punti di incontro.
Articolato in due parti, il testo presenta innanzitutto per sommi capi la metafisica espressa da Panikkar: l’advaita, ossia la relazionalità e l’armonia tra le tre dimensioni costitutive del reale – quella materiale, quella intellettuale e quella spirituale – che, nella visione cosmoteandrica del Nostro, non sono reciprocamente riducibili; il mito, quale eccedenza della realtà rispetto al pensiero, e il logos, via di conoscenza, incapace comunque di esaurire ogni aspetto della realtà. Come evidenzia Calabrò, mito e logos vanno di pari passo e costituiscono la base del pluralismo, che a sua volta richiede l’accettazione di un punto trascendente indisponibile, condizione per conoscere la verità, che nasce dall’incontro. In quest’ottica, l’Autore conclude la prima parte concentrandosi sulla lingua, tema particolarmente caro a Panikkar, che lo considera non dal punto di vista linguistico, ma da quello umano: la lingua è lo specchio di un popolo, poiché la parola non è segno, ma simbolo e, di conseguenza, capace di esprimere un universo.
La seconda parte del testo evidenzia la distanza tra la posizione di Panikkar e una parte della scienza moderna attorno ad argomenti quali l’identità parmenidea tra pensare ed essere: pur essendo generalmente assodata per il pensiero occidentale, il Nostro sostiene che l’essere non è obbligato a seguire il pensiero; così in fisica vi è la coesistenza di teorie tra loro incompatibili, eppure verificate. L’universalità della scienza, che per Panikkar è una forma di neocolonialismo culturale, implica un presupposto, che può essere accettato solo nella condivisione dello stesso mito, che vuole la fisica come una visione del mondo. L’esistenza della cosa in sé è soltanto un’astrazione alquanto arbitraria del pensiero e, in quanto tale, viene contraddetta dalla realtà, dove tutto è collegato e le cose sono all’interno delle relazioni. Fin dal titolo, Le cose si toccano, il testo di Calabrò sottolinea che proprio quest’ultimo rimane il punto nodale: se ancora c’è chi si ostina a considerare la scienza come fondata su una presunta oggettività, molti fisici sono convinti che “oggi la concezione cartesiana della realtà non sia più sostenibile”. Per questo, l'aspetto forse più originale del saggio è riconducibile all’intento – peraltro riuscito – di esplicare la metafisica panikkariana nelle sue diverse implicazioni, mostrandone la compatibilità con la scienza moderna.
L’Autore conclude dando voce a quella prospettiva di speranza che Panikkar ha chiamato teofisica, “per designare una scienza in cui fisica e teologia non sono separate, ma in relazione ontonomica”, distinte, quindi, ma non separate, secondo una visione di sacra secolarità.
Come ideale prosecuzione del discorso affrontato in questo testo, Calabrò anticipa un ambizioso progetto: l'analisi della prassi scientifica attraverso esperienze di affiancamento a ricercatori universitari, che possa dar conto dal punto di vista scientifico dell'adeguatezza della riflessione filosofica contenuta in Le cose si toccano. L’intento rinvia ad un nuovo contributo, capace di integrare le esigenze speculative della filosofia e quelle pratiche della scienza e che possa venir letto da uomini di scienza che, riconoscendo una certa vicinanza e comprensione, siano disposti a ricercare a loro volta un dialogo con la filosofia.
L’attesa dell’eventuale nuovo tassello diventa stimolo a soffermarsi con attenzione sulle pagine di Le cose si toccano: hanno il pregio di offrire una riflessione non destinata unicamente a specialisti o ad appassionati di Panikkar, perché capace di coinvolgere tutti: l'azione di erosione del linguaggio e di deformazione della percezione del mondo che la scienza e la tecnologia (spesso loro malgrado) operano ai danni dell'uomo, impoverisce la vita di ognuno.

(«Il Margine», giugno-luglio 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano